L’uomo ha sempre cercato il segreto per realizzare se stesso, essere felice e materializzare i suoi desideri. Gli ostacoli che incontra sono molteplici e di varia natura: l’ambiente, i suoi simili e i limiti che si auto-impone. Quest’ultimo punto è fondamentale in quanto le nostre convinzioni profonde rappresentano sia dei punti di forza che dei punti di debolezza. Gli psicologi in passato erano convinti che fosse impossibile cambiare la propria mente: se siamo caratterialmente costituiti in un determinato modo, moriremo con quel tipo di mente. Ma, come vedremo in seguito, le ricerche hanno dimostrato il contrario: è possibile cambiare e spingersi oltre i propri limiti. Cerchiamo, però, di comprendere il funzionamento della nostra mente alla luce delle nuove scoperte. Ad esempio, quando afferriamo la penna sulla nostra scrivania mettiamo in atto una serie di movimenti, contraendo i muscoli senza una precisa volontà. Scegliamo, cioè, uno scopo (prendere la penna) e il cervello tramuta in azione quanto desiderato.
Quando un bambino apprende per la prima volta come afferrare degli oggetti, la sua mano è incerta ed è costretta ad eseguire una serie di correzioni. In seguito, grazie all’esperienza, questa incertezza svanisce anche per le correzioni apprese. Per costruire un meccanismo simile alle mente umana, il neurofisico inglese W. Grey Walter afferma che sarebbero necessari dieci bilioni di cellule elettroniche occupanti un milione e mezzo di piedi cubi il cui funzionamento richiederebbe energia pari a un bilione di watt. Questo meraviglioso meccanismo fa leva anche sulle convinzioni profonde che ogni soggetto possiede vere e proprie colonne su cui si basa l’esistenza di ogni individuo: sono loro che ci “dicono” cosa possiamo fare e cosa esula dalle nostre possibilità. Quello in cui crediamo – i films mentali che ci costruiamo – rivestono un’importanza fondamentale nella nostra esistenza in quanto influenzano i nostri comportamenti e la percezione stessa della realtà che ci circonda. Le aspettative che quotidianamente creiamo nella nostra mente “programmano” gli incontri, i litigi, le discussioni con alcune persone, e persino l’esito di alcuni eventi. Lo psicologo William Multon Masterson consigliava ai suoi pazienti di “simulare” mentalmente incontri di lavoro o situazioni importanti da affrontare vedendosi come persone vincenti e di successo. In altre parole, proponeva di creare mentalmente un film inerente specifici eventi di cui noi siamo i registi e i protagonisti principali.
Un esempio di quello che dico consiste nella “aspettative mattutine”: vi siete mai resi conto che la mattina appena svegli formuliamo dei films mentali o dei pensieri su eventi che affronteremo durante la giornata? E vi siete mai accorti che puntualmente queste aspettative si verificano? Chiaramente non mi riferisco a pensieri voluti, ma a quei “pensierini” di dubbio o paura che si affacciano senza il nostro consenso. Ad esempio, se appena svegli pensiamo ad un nostro collega che ci criticherà o con cui discuteremo, puntualmente, questi segnali premonitivi auto-avveranti si verificano. Ciò rappresenta un uso inconsapevole ed errato del potere dell’immaginazione. L’immaginazione è un sistema raccomandato anche da artisti e sportivi. Alex Morrison, uno tra i più famosi insegnanti di golf, asseriva che il novanta per cento dell’allenamento si svolge a livello mentale, seduti e rilassati su una comoda poltrona, immaginando dettagliatamente quello che si vuole ottenere. Allo stesso modo, il famoso pianista Artur Schnabel dedicava poco spazio alla pratica sul pianoforte a favore di molta pratica mentale Le ricerche in questo campo hanno fornito risultati straordinari. Il dott. Harry M. Grayson e il dott. Leonard B. Olinger condussero un interessante esperimento all’American Pychological Assn. su quarantacinque pazienti ricoverati nel reparto neuropsichiatrico. In una prima fase li sottoposero ad un test sulla personalità; in seguito, riproposero il test invitandoli a rispondere come individui “perfettamente a loro agio nel mondo esterno”. Il 75% dei soggetti apportarono dei miglioramenti nella compilazione del test e alcuni cambiamenti si trasferirono sul comportamento. I pazienti, per rispondere al test come avrebbe fatto un individuo sano, furono costretti ad immaginarsi persone equilibrate. Questo esercizio mentale contribuì ad avviare in alcuni di loro un processo tale da indurli a comportarsi come persone sane. I ricercatori, in verità, si spingono oltre: cambiare il nostro sistema di convinzioni può indurci a superare limiti che generalmente consideriamo invalicabili per la percezione ordinaria della realtà.
Il dott. Theodore Xenophon Barber, membro della Facoltà di Psicologia della American University di Washington e del Laboratory of Social Relations di Harvard, afferma che i soggetti che si trovano nella fase di stato ipnotico sono in grado di fare cose sorprendenti a patto che siano convinti della veridicità delle parole di chi ha operato l’ipnosi. Se l’ipnotizzatore convince il soggetto che le sue parole sono vere, le sue credenze e comportamenti cambiano di conseguenza. Questo spiega come sia possibile l’utilizzo dell’ipnosi come sistema alternativo per indurre analgesia in soggetti allergici all’anestesia. I fatti sopra enunciati, dimostrano come sia possibile cambiare la propria mente e le convinzioni che la governano. È sorprendente rilevare che alcuni di questi cambiamenti possono portarci a superare limiti che spesso e volentieri ci auto-imponiamo. All’interno della nostra mente esiste quello che rozzamente viene definito “programma mentale”. Si tratta di una serie di pensieri e di configurazioni neurali statiche createsi nei primi anni di vita. Quando veniamo al mondo siamo come un “dischetto vergine” che viene scritto grazie ai nostri genitori, l’ambiente, i mass media, la scuola e il gruppo sociale di appartenenza. Questo meccanismo di programmazione è intenso da 0 a 3 anni di vita; continua in maniera più lieve fino ai 12 anni per poi assestarsi definitivamente verso i 18/20 anni. L’importanza della programmazione, ne consegue, è fondamentale perché ci influenzerà per il resto della nostra vita. Ad esempio, se i genitori dicono spesso “sei un incapace!”, all’interno della mente questo schema di pensiero comincia a prendere forma; col ripetersi costante di tale affermazione, i neuroni si assestano definitivamente nella configurazione responsabile del “sei un incapace”. Se poi a questo s’aggiunge una carica emotiva (essere sgridati o ricevere percosse), la convinzione si crea molto più velocemente. Questo meccanismo tende ad influenzarci pesantemente nel corso della vita. Se un individuo si convince che non sarà mai un “benestante”, questo convincimento si tradurrà in concreta realtà e a nulla serviranno i suoi sforzi per modificarla: il primo passo deve, invece, essere rivolto verso se stesso.
Modificare le proprie convinzioni limitanti rappresenta la chiave di volta per innescare un cambiamento positivo nella nostra vita. Purtroppo, ciò non accade: ci limitiamo a vivere arroccati dietro le barriere delle proprie convinzioni, non ci aspettiamo più nulla dalla vita perché convinti di sapere tutto, negandoci perfino lo stupore che si lega a ciò che non si conosce. Tutto questo si traduce in rigidità neurale: non siamo più in grado di attivare nuovi schemi di pensiero in quanto seguiamo quelli createsi durante la nostra crescita. Siamo chiusi alle novità e ripudiamo tutto ciò che esula dal nostro modo di vedere il mondo. Alcuni mistici amano dire che è molto meglio essere una mela acerba perché è destinata a maturare piuttosto che una mela matura destinata a marcire. Essi affermano infatti che importante riattivare in noi lo spirito che avevamo da bambini, quando ci stupivamo di fronte alle novità: vedere per la prima volta un uccello, una cascata o una cane. Invece, ora che abbiamo etichettato tutto il mondo che conosciamo, non ci stupiamo più nel vedere un uccello cinguettare o un cane che fa le feste al suo padrone. Nell’universo esistono una vastità infinità di possibilità che non potremo mai vedere se non cambiamo modo di pensare. Durante le esplorazioni marittime, ad esempio, alcuni indigeni non vedevano le vele delle navi degli esploratori perché non conoscevano tali oggetti. Vi posso fornire un altro esempio più pratico, e facilmente riscontrabile nella realtà quotidiana: se qualcuno in casa sposta le chiavi delle nostra auto dal solito posto, non riusciamo più trovarle anche se sono sotto il nostro naso. Questo accade perché tendiamo a seguire determinati schemi mentali che falliscono di fronte alle novità. La Programmazione Neurolinguistica, disciplina nata in America negli anni ’70, elaborata da Richard Bandler e Jhon Grinder, basata sulla psicologia cognitiva, ha studiato come gli individui percepiscono la realtà esterna. Analizziamo brevemente cosa afferma la PNL. L’uomo percepisce la realtà attraverso i cinque sensi; da questo meccanismo si crea la rappresentazione interiore degli episodi esterni. Gli individui tendono a privilegiare un particolare senso, denominato canale preferenziale, rispetto agli altri quattro. In base al canale preferenziale gli individui concentreranno la loro attenzione su alcuni elementi non percependone altri.
La PNL ha classificato tre tipologie di individui in base al canale preferenziale: – Visivi (V) – Auditivi (A) – Cenestesici (K) (Quest’ultimo raggruppa tatto, olfatto e gusto) Un soggetto Visivo, ad esempio, durante un incontro, si concentrerà su dettagli legati alle immagini (colore e forma del vestito, cura dell’estetica e dell’immagine in generale del suo interlocutore) a discapito di altri elementi; un Auditivo, invece, presterà attenzione alle parole (cambi di tono nella conversazione, logica e ragionamento del suo interlocutore) dedicando meno attenzione ai dettagli visivi. Da questo fenomeno possono derivare differenti rappresentazioni interne dello stesso individuo esaminato. L’uomo non può lasciar passare tutte le informazioni in quanto la sua mente può concentrarsi su mediamente sette concetti; si tratta della legge del “7+2”, ovvero gli individui possono far passare da un minimo di cinque ad un massimo di nove informazioni. Superato tale limite, la mente mette in atto una serie di processi inconsci che distorcono, generalizzano e deformano la realtà prestando attenzione solo agli elementi che più la stimolano. I fenomeni appena accennati sono:
1. Generalizzazione
2. Cancellazione
3. Deformazione
1. Generalizzazione Procedimento attraverso il quale elementi o parte degli elementi sono staccati dall’esperienza originaria e finiscono per rappresentare l’intera esperienza. Generalizzare è una nostra capacità innata ed essenziale. Infatti, quando ci bruciamo una mano che ha sfiorato una stufa rovente, generalizziamo che tutte le stufe roventi ustionano le mani. Oppure, generalizziamo che le porte si aprono ruotando le maniglie dall’alto verso il basso. Ma, se generalizziamo fino a percepire tutte le stufe come pericolose, tanto da aver paura di restare in una stanza con una stufa, o ci ostiniamo ad aprire le porte solo in quel modo, limitando le nostre scelte.
2. Cancellazione È un fenomeno attraverso il quale ci concentriamo su alcuni aspetti dell’esperienza escludendone altri. In una camera piena di gente, ad esempio, si tende a prestare attenzione alle voci dei propri interlocutori escludendo quelle degli altri presenti nella sala, e l’eventuale musica di sottofondo. Questo procedimento potrebbe escludere eventuali segnali di stima e simpatia provenienti da nostri familiari o dai nostri diretti superiori.
3. Deformazione Si tratta di un processo di alterazione della realtà percepita. La fantasia può prepararci ad eventi che non abbiamo ancora affrontato. Questo fenomeno chiamato “Deformazione” ha favorito tutte le realizzazioni artistiche dell’uomo. Con questo identico procedimento possiamo limitare la nostra realtà. Ad esempio, supponiamo che una persona sia insoddisfatta di un suo collaboratore in quanto non lo ascolta mai. Se gli facessimo notare, invece, che qualche volta lo ha ascoltato, potrebbe risponderci che lo ha fatto solo quando aveva bisogno di qualcosa. È un sistema per non contraddire il modello creato.
Ogni giorno, in ogni momento della nostra vita, il programma mentale inconsciamente lavora e organizza l’esistenza. I ricercatori hanno dimostrato che è possibile cambiare la propria mente e, di conseguenza, la propria esistenza. Alcune scuole di pensiero, come quella del “pensiero positivo”, hanno ragione quando affermano di convertire i propri pensieri da negativi in affermativi, ignorando le immagini che si collegano a dubbi o paure. Personalmente, però, sono contrario agli estremismi in quanto i pensieri negativi sono una specie di “campanello di allarme” che ci segnala eventuali interferenze. In altre parole, il nostro inconscio elabora moltissime informazioni, e quando qualcosa non quadra ci invia dei segnali sotto forma di emozioni, immagini o pensieri negativi. Inoltre, la nostra parte emotiva è direttamente collegata all’Energia Universale e, di conseguenza, ignorando questi campanelli di allarme si rischia di diventare ciechi e insensibili alle varie sfumature dell’energia. Queste indicazioni vanno prese in considerazione, analizzate e, in seguito, concentrate sulla soluzione positiva. Invece, spesso e volentieri ci soffermiamo sul pensiero negativo rafforzandolo al punto tale da renderlo concreto. Vi sono alcuni che al mattino, invece della sveglia, hanno accanto un enorme randello, con cui si percuotono ripetutamente. Il randello – è sottinteso – è il simbolo dei pensieri negativi. Il segreto risiede nella convinzione fideistica di ciò che si pensa. Se creo pensieri postivi, ma non ne sono convinto, chiaramente non creo nulla! Nel celebre film “Matrix”, durante l’addestramento del protagonista alle arti marziali, l’istruttore gli dice: “Non pensare di essere più veloce, convincitene!”. E, non dovete convincervi domani di essere felici, ma Qui ed Ora! Se ci pensate un attimo, il futuro ed il passato, non esistono: il passato è qualcosa che ormai non esiste più, e il futuro, concretamente, non esiste in quanto è qualcosa che deve ancora realizzarsi. Esiste solo il “Qui ed Ora”. Per questo motivo è importante avviare cambiamenti nel presente e non in un futuro ipotetico. Altrimenti, ci lasceremmo condizionare da eventi passati, consentendo “alla scia… di guidare la barca”.