Enneagramma, PNL e non verbale

L’Enneagramma, la PNL e la Comunicazione Non Verbale possono rivelarsi strumenti efficaci per comunicare efficacemente. Averne la padronanza permette di adattarsi ad ogni persona confezionando l’approccio migliore per creare empatia. Questo semplice articolo vuole semplicemente mostrare come diversi sistemi posso essere usati in maniera sinergica.

 

Esaminiamoli brevemente. La Programmazione Neurolinguistica (PNL) fornisce numerosi strumenti per migliorare la comunicazione con gli altri. Le sue tecniche si basano sul principio di similitudine: ad esempio, il Rispecchiamento di postura è in grado di creare empatia grazie alla postura speculare. Oppure, il Ricalco su Valori e Credenze  permette di stabilire Rapport grazie alla condivisione di questi importanti Livelli Logici.

 

La PNL insegna che se vogliamo portare qualcuno verso il nostro mondo, il primo passo consiste nel condividere la Mappa del Mondo dell’altro. Questo non significa non esprimere il proprio modo di essere: dopo l’iniziale similitudine è possibile guidare il nostro interlocutore verso le nostre idee e obiettivi. Comunque, i nostri obiettivi devono sempre essere collegabili con i valori, criteri, credenze e Mappa del Mondo di chi abbiamo di fronte. In questo modo manteniamo l’empatia senza costringerlo a fare qualcosa che vada contro i pilastri della sua esistenza. Se non si rispetta questo principio, si viola il principio win-win (vinco io, vince l’altro – vincere insieme) producendo effetti collaterali spiacevoli: la gente si sentirà manipolata e tutti vi eviteranno.

 

L’Enneagramma agevola il compito di comprendere alcuni importanti “pezzi” della Mappa del Mondo del nostro interlocutore. La comprensione del Tipo permette di sapere in anticipo quale comportamento adottare e quale evitare. Ad esempio, il Perfezionista tende ad amare la razionalità, l’ordine, la precisione e la puntualità: per questo motivo è importante assumere inizialmente un approccio logico, essere puntuali e non mostrarsi disordinati. In questo modo riusciamo a creare empatia grazie al principio di similitudine. È pur vero che non esistono nel mondo, ad esempio, due tipi Uno identici (solo simili) in quanto bisogna prendere in considerazione le Ali, i diversi sottotipi, il livello di integrazione e le diverse esperienze di vita. Ma l’individuazione dell’enneatipo aiuta a comprendere alcuni elementi che sono generalmente comuni a quel determinato tipo. 
Quindi, l’abbinamento di alcune tecniche della PNL (come, ad esempio, il Rispecchiamento) con l’Enneagramma, aumenta l’efficacia della comunicazione.

 

Infine, la Comunicazione Non Verbale si rivela un prezioso strumento per orientarci nelle relazioni. Leggere il linguaggio segreto dell’inconscio ci aiuta a codificare in tempo reale le intenzioni del nostro interlocutore e comprendere se quello che facciamo e/o diciamo è gradito o rifiutato. In questo modo è possibile interfacciarsi con l’altro istantaneamente. Ad esempio, se il mio interlocutore esprime segnali di rifiuto e tensione sull’argomento “lavoro”, dovrei cambiare discorso e ampliare, invece, tematiche che generano segnali di gradimento. 
Quindi, la padronanza della PNL, dell’Enneagramma e della Comunicazione Non Verbale agevola il compito di orientare la comunicazione verso l’empatia,; in questo modo è possibile essere responsabili al 100% della comunicazione (sia positivamente che negativamente).

PNL e Metaprogrammi

Nelle relazioni interpersonali spesso ci chiediamo come mai sia così difficile raggiungere i risultati desiderati. Per fornire alcuni esempi pensate ad un venditore che non riesce concludere la vendita, ad una moglie che non convince il marito a portarla a cena fuori o al responsabile di un reparto che ottiene con molta difficoltà l’obbedienza dei propri collaboratori. Quando la gente si trova in situazioni simili dice:
“Eppure le ho provate ma non mi ascolta! Con quella persona è impossibile andare d’accordo!”.

Ma siamo sicuri che sia proprio vero? Uno dei più grossi errori è credere che tutti ragionino come noi, ma in realtà la mente dei nostri interlocutori è diversa dalla nostra. Le sue esperienze, le sue convinzioni, i suoi valori e i suoi filtri mentali creano in lui una “Mappa del Mondo” completamente difforme dalla nostra. Uno dei segreti della comunicazione efficace risiede nel sviluppare una grande abilità: decodificare velocemente la mappa del mio interlocutore, adeguarmi ad essa e “confezionare” l’approccio a lui più adatto.

La difficoltà più grossa risiede nella capacità di adeguarsi agli altri: vogliamo che le persone cambino senza modificare il nostro comportamento.
Tempo fa avevo un grosso problema relazionale con una persona e chiesi un consiglio al trainer che mi stava formando. Mi disse: “Se vuoi cambiare gli altri cambia tu per primo”.
“Che razza di risposta è questa?” pensai.
In realtà aveva ragione: solo entrando nella “Mappa del Mondo” degli altri è possibile portarli nella nostra.
Il nostro punto debole è rappresentato dalla voglia di non cambiare e di pretendere mutamenti nella nostra vita senza il minimo sforzo. In PNL si dice:

Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere quello che hai sempre ottenuto”.

Questa frase dovete inciderla nella vostra mente in quanto vi ricorderà sempre in modo chiaro che “siete responsabili al 100% dei risultati nella comunicazione, sia in positivo che in negativo”.
Non esiste una formula magica che vi mostra come convincere gli altri senza un minimo sforzo. Il Signore della Guerra cinese Sun Tzu ben 2500 anni fa ha detto che…


…se voi conoscete il vostro nemico e conoscete voi stessi, conoscerete sempre il risultato di cento battaglie,

 ma se voi conoscete voi stessi e non il vostro nemico, le vostre possibilità di vittoria saranno del 50%.

Questa massima può essere applicata molto bene nella Comunicazione Efficace: dovete imparare a comprendere chi avete di fronte e solo in questo modo potete direzionarne l’esito a vostro favore.

Se voi vi limitate alla semplice esposizione delle informazioni, state semplicemente soddisfacendo le basi di un processo comunicativo. Se invece riuscite ad entrare nella mente di chi avete di fronte potete mettere in atto una “Comunicazione Efficace” in maniera assertiva e raggiungendo i risultati ambiti.
Sviluppare questa abilità vi permette di stabilire Rapport ed identificare i bisogni del vostro interlocutore divenendo abili nel comprendere quali sono i “tasti da premere e quali evitare”. Solo in questo modo potete realmente comprendere quale è il suo “generatore di strategia” che lo motiva nelle azioni.

Ma come è possibile raggiungere simili risultati? Si diviene comunicatori efficaci con gli altri quando si è in grado di identificare i pezzi del puzzle che compongono la loro unica Mappa del Mondo e qual è la chiave attraverso la quale prendono decisioni.
Bisogna smetterla di dire:
“Ah…con quella persona è impossibile andare d’accordo e non andrà mai d’accordo con nessuno!”.

Questa è una bugia e profondamente lo sapete anche voi. Ma pensate realmente che quella persona non va d’accordo con nessuno? Certo che si relaziona bene con altre persone e voi potreste essere una di queste se accettate il fatto di comprendere la sua mappa e di adeguarvi ad essa. Dipende sempre dal vostro obiettivo.
Se volete relazionarvi anche con la gente più difficile dovete divenire flessibili; se invece non volete relazionarvi con loro potete ignorare quanto affermato finora. Ma, sia che scegliate la prima soluzione che la seconda, la premessa non cambia:


siete responsabili al 100% del risultato nella comunicazione.

Noi tendiamo ad avere uno o al massimo due tipi di approcci agli altri sviluppati grazie alle esperienze di vita che ci hanno permesso di raggiungere un elevato numero di relazioni positive. Ad esempio, con queste strategie, ogni dieci persone con cui vi relazionate, quattro stabiliscono empatia con voi. E le altre sei? E se fosse possibile incrementare questa percentuale? Quando deciderete di abbandonare il singolo approccio e di divenire più flessibili sarete anche in grado di creare empatia con più tipi di persone.

Come è possibile comprendere la mappa del mondo di chi abbiamo di fronte? La Programmazione Neurolinguistica ci aiuta grazie ai Metaprogrammi. Questi ultimi sono schemi di comportamento inconsci, filtri attraverso i quali setacciamo la realtà esterna.
I Metaprogrammi hanno origine dal lavoro svolto da Carl Gustav Jung esposto nel libro da lui edito: “Tipi psicologici” del 1923. A Jung si è poi ispirata Isabel Briggs Myers, ideatrice del Myers-Briggs Type Indicator, il metodo per tracciare profili psicologici più largamente usato negli USA nella selezione del personale.

L’attuale sistema ha origini da uno precedente elaborato da Richard Bandler e poi ulteriormente approfondititi da Roger Bayley basato sulla psicologia cognitiva e mostra come gli individui percepiscono la realtà esterna creando diverse rappresentazioni interiori da soggetto a soggetto.
I Metaprogrammi sono i filtri che utilizziamo per scegliere verso cosa prestare attenzione. In questo modo eliminiamo delle parti oggettive della realtà creando una mappa soggettiva. Possono cambiare nel corso del tempo e alterarsi in base allo stato emotivo. Per esperienza posso affermare che in nuovi contesti gli individui tendono a non utilizzare gli abituali schemi di comportamento inconsci; tornano ad utilizzarli solo quando si sono adattati alla nuova circostanza.
Conoscere questi schemi può aiutarvi a prevedere le azioni delle persone con cui vi relazionate ma non è un sistema per incasellare gli individui:


LE PERSONE NON SONO IL LORO COMPORTAMENTO

Se qualcuno fa confusione non vuol dire che sia un confusionario!
Alcuni Metaprogrammi vengono esposti in maniera bipolare: schemi di comportamento opposti e differenti. Ma nella realtà esistono diverse gradazioni tra un polo e l’altro.
Cerchiamo di comprenderli meglio.

Ad esempio, vi è mai accaduto di chiedere informazioni a qualcuno in strada per raggiungere un determinato indirizzo? Probabilmente avete avuto due tipi di riposte:
1) “Bene…allora…vede quel giornalaio? Deve prendere la strada di fronte, percorrerla per 50 metri, al semaforo a sinistra, poi dopo 25 metri a destra…poi, non al primo, ma al secondo incrocio svolti a destra….poi troverà un fioraio, deve svoltare alla sua sinistra e…”.
2) “Bene…vada diritto e poi chieda informazioni perché è lì vicino! ”.
Qual è la differenza tra la prima e la seconda risposta? La prima mostra che l’interlocutore ha bisogno di compiere una serie di processi mentali più o meno complessi prima di arrivare all’obiettivo.
La seconda evidenzia che l’individuo che abbiamo di fronte “salta” i processi mentali e arriva direttamente all’obiettivo. Questi Metaprogrammi si chiamano


Di Processo <—————×————-> Di Obiettivo

Il primo esempio ci mostra uno schema di comportamento Di Processo dove l’individuo ha la necessità di compiere processi mentali dettagliati (le varie strade) senza i quali non riesce a pervenire all’obiettivo finale (la via richiesta).
Il secondo è denominato Di Obiettivo e fa riferimento a tutti quegli individui che generalmente focalizzano la loro attenzione sull’obiettivo finale evitando i dettagli che permettono di raggiungerlo. Naturalmente è un meccanismo mentale che possiede varie sfumature: possiamo incontrare alcuni individui molto Di Processo ed altri un po’ meno anche se rientranti nel medesimo Metaprogramma. Inoltre non esistono schemi di comportamento migliori o peggiori in quanto ognuno possiedo vantaggi e svantaggi. I Metaprogrammi mostrano semplicemente una parte della Mappa del Mondo del nostro interlocutore.

Per comprendere meglio questo meccanismo comportamentale immaginate due amici in vacanza. Uno di loro al risveglio esordisce improvvisamente: “Bene, zaino in spalla e scaliamo la montagna!”.
L’altro lo guarda atterrito in preda ad un crisi di panico: “Ma come? Senza organizzarci? Abbiamo bisogno di un giorno solo per studiare la mappa, il percorso più adatto, quanto acqua e cibo portare, telefonare per sapere le condizioni meteo, se c’è qualche rifugio lungo la strada…”.
Il primo amico tende ad essere Di Obiettivo mentre il secondo Di Processo. Come potete vedere nessuna delle due modalità è sbagliata in quanto una tende all’azione mentre la seconda ad una accurata pianificazione. A livello relazionale, però, nel lungo periodo potrebbero crearsi dei contrasti in quanto troppo diversi.

Ma come possiamo utilizzare questo sistema per meglio relazionarci con gli altri? Ad esempio, con un Di Processo evitate di esercitare troppa pressione nel fargli prendere decisioni in quanto ha bisogno di seguire i suoi schemi di pensiero per pervenire all’azione: seguite i suoi ritmi senza forzarlo. Inoltre bisogna seguire i dettagli e le procedure senza “saltare” direttamente all’obiettivo. Ad esempio, durante una vendita se il cliente fa riferimento a questo schema, rendetevi disponibili a mostragli tutti i dettagli che richiede ed evitate di andare direttamente alla chiusura del contratto.

Invece, con un Di Obiettivo mostratevi attivi, immediati e diretti, se dovete prendere delle decisioni evitate troppi ripensamenti e procedure mentali: chi adotta questo stile di comportamento ama l’immediatezza nell’azione.
La PNL ha individuato molti schemi di comportamento inconsci ma in questa sede ne esamineremo solo due.
Un altro Metaprogramma è


in time <—————×————-> through time

Si riferisce alla percezione del tempo e a come gli individui si orientano nella vita in base ad esso.
Organizziamo il tempo in maniera diversa e generalmente ci collochiamo in questo Metaprogramma.
Chi è “In Time”, ha più schemi di pensieri per volta, ama vivere il momento presente ed centrato nel “Qui ed Ora. È il classico soggetto del Carpe Diem che non ama pianificare troppo il futuro. I ricordi tendono ad essere associati con le emozioni. Quando devono prendere delle decisioni non amano avere limiti di tempo in quanto prediligono un’esistenza più flessibile e non ordinaria.. Questo modo di percepire il tempo viene anche denominato “Tempo Arabo”.

“Through Time”, invece, ragiona come un Organizer Cartaceo in quanto riesce ad avere un visione dettagliata del tempo futuro riuscendo a pianificarlo in maniera efficace. Chi ha questo Metaprogramma tende ad avere difficoltà a vivere in associato con il presente. Per questo motivo possono avere difficoltà a concentrasi in ambienti caotici. Tendono a condurre un’esistenza più ordinata e pianificata rispetto ad In Time. I ricordi tendono ad essere dissociati dalle emozioni. Viene anche denominato “Tempo Euro- Americano”.

La domande che possono aiutarci ad individuarli sono le seguenti: “Come organizzi il tempo? Ami pianificare dettagliatamente il futuro (Through Time) o ti organizzi volta per volta?”.
Con un In Time dovete relazionarvi senza fare troppa pressione nel fargli prendere decisioni inerenti il futuro limitandovi al momento presente.
Invece, il Through Time dovete assecondarlo nella pianificazione e progettazione futura delle attività evitando di restare “fermi” nel momento presente. Questo atteggiamento tende a percepirlo come pigrizia.
 

Metaprogramma

Tratti identificativi sintetici

Stile di relazione da adottare

Di Processo

Attento ai dettagli, più schemi di pensiero, ha bisogno di seguire procedure mentali per arrivare all’obiettivo finale.

Siate attenti ai dettagli, evitate la superficialità, evitate di saltare direttamente alle conclusioni. 

Di Obiettivo

Focalizza la sua attenzione sull’obiettivo finale, non ama troppi dettagli.

Siate poco focalizzati sui dettagli, andate direttamente “al sodo”, evitate troppi giri di parole per arrivare all’obiettivo.

In Time

Vive il momento presente e il Qui ed Ora, vive in associato ricordi ed emozioni, non ama la pianificazione futura.

Siate centrati nel Qui ed Ora, evitate di porgli limiti temporali per prendere decisioni future.

Through Time

Ama la progettazioni degli eventi futuri, vive in dissociato i ricordi dalle emozioni, può avere difficoltà nel concentrasi nel momento presente.

Evitate di inserirlo in ambienti caotici, di essere poco attenti alla pianficazione, siate puntuali negli appuntamenti.

Tabella riassuntiva sintetica

PNL e submodalità

L’uomo percepisce la realtà attraverso i cinque sensi: vista, udito, olfatto, tatto e gusto. Noi tendiamo a concentrare la nostra attenzione su uno di questi in particolar modo. Ad esempio, ci sono persone che quando incontrano qualcuno inizialmente tendono a notare com’è vestito e l’abbinamento dei colori; altri invece si focalizzano su quello che ascoltano soppesando le parole; oppure c’è chi valuta le persone dalle sensazioni che gli trasmette.

 

La Programmazione Neurolinguistica distingue tre categorie di individui in base al canale preferenziale (anche se questa definizione è riduttiva in quanto si tratta di strategie): Visivi (vista), Auditivi (udito) e Cenestesici (sensazioni). In questo ultimo canale generalmente si raggruppano anche olfatto e gusto anche se si tratta di un raggruppamento un po’ grossolano.

 

È bene ribadire che se qualcuno è Visivo non significa che non usa l’udito o non prova sensazioni ma che semplicemente ama inizialmente ricevere informazioni in quel particolare canale. 

 

 

Visivo, Auditivo e Cenestesico vengono denominati Modalità; al loro interno esistono delle specificazioni denominate Submodalità.
Ad esempio: se una persona è vestita con un completo classico (modalità), posso analizzare di che colore è la giacca, il pantalone, che tipo di cinta e scarpe possiede, com’è la sua voce, ecc.. (submodalità). Quindi le submodalità sono una specificazione delle modalità e possono essere Visive, Auditive e Cenestesiche.

 

Le SM sono strumenti molto potenti: ad esempio posso trasformare un film serio sostituendo la voce dei protagonisti con altre comiche. Pensate ad una persona che vi incute timore e sostituite mentalmente la sua voce con quella di, ad esempio, Paperino. Sicuramente cambia la percezione stessa del soggetto e vi incute meno timore. 

 

Per comprendere meglio il concetto di SM, provate a fare questo esercizio:
Guardate (o immaginate) un vostro amico e pensate di mettergli un cartello con la scritta:

 

  – IL PIÙ ONESTO DEL MONDO.
  In seguito cambiate il cartello con un’altra scritta:
  – IL PIÙ GRANDE CRIMINALE DEL MONDO.

 

Le percezioni sul vostro amico cambiano. Questa operazione tendiamo ad attuarla inconsciamente su tutte le persone che conosciamo “mettendo” cartelli immaginari con le scritte più fantasiose.

 

Le SM sono potenti strumenti di cambiamento per compiere trasformazioni interiori.

 

Un buon esercizio di trasformazione delle percezioni interne “negative” consiste nel pensare al momento presente, come ci si vede in questo preciso istante ed in seguito cambiarne le S.M..

 

Sedetevi comodamente e immaginate di vedere la vostra immagine all’interno di uno schermo televisivo: com’è l’immagine? È disturbata? L’audio è perfetto o vi è un fruscio di sottofondo? Se vi sono delle interferenze, immaginate di agire sulle manopole di regolazione fino a quando la ricezione è perfetta.

 

Questo esercizio vi aiuta a prendere confidenza con le S.M.. 

 

Analizziamone un altro che può essere utile per recuperare risorse interiori.

 

Ad esempio, da un po’ di tempo non siamo molto motivati e desideriamo riacquisire risorse positive che avevamo in passato.

 

Il primo passo consiste nel creare un immagine del nostro Stato Presente in cui non siamo soddisfatti. Immaginate di poterla collocare nello spazio della camera in cui vi trovate e notatene tutti i particolari: la vostra fisiologia nell’immagine, luminosità, se vi è una cornice, un suono, che tipo di respirazione avete, tono di voce, ecc. (in altre parole, estraete le submodalità).

 

Il secondo passo consiste nel creare l’immagine del nostro stato desiderato. Per fare questo possiamo attingere ad un immagine del passato e in seguito immaginare di collocarla nello spazio della camera. Come per l’immagine dello stato presente, notate tutti i particolari che la compongono.
Sicuramente le due immagini saranno collocate in posti diversi e i particolari che le riguardano saranno differenti.

 

L’individuazione spaziale dell’ immagine motivante è importante. Infatti, il posto in cui collocate quella dello stato desiderato coincide con il luogo ideale in cui si trovano le risorse positive.

 

Prendete l’immagine dello stato presente (negativo) non desiderato; allontanatela e avvicinatela, scoprendo se varia lo stato emozionale.

 

Ora, dovete cambiare le submodalità del vostro stato presente inserendo quelle dello stato desiderato.
Ad esempio, supponiamo che l’immagine dello stato presente sia nebulosa, con una cornice scura e che vi sia una strana sensazione di ovattamento; in quella desiderata la cornice è dorata, è luminosa e siete raggianti. Dovrete inserire queste ultime nello stato presente sostituendone le SM.
Infine, quando le avrete cambiate rendendole identiche, dovrete spostare l’immagine dello stato presente nel posto in cui si trova lo stato desiderato.

 

Quando operate la costruzione dell’immagine desiderata, svincolatela dall’immagine negativa presente in quanto creerete qualcosa che comunque sarà collegata al passato. Dovete operare su un foglio bianco e non creare un immagine di “reazione” all’evento negativo, altrimenti sarà sempre collegata all’evento non desiderato.
Prima di procedere con l’operazione, definite il cambiamento. Ad esempio, quando vogliamo fare dei lavori in casa, prima decidiamo il cambiamento da apportare e poi prendiamo gli attrezzi (SM).

 

Utilizzare queste tecniche prima di coricarsi permette al nostro inconscio di metabolizzare meglio il lavoro analogico.

Parlare in pubblico

Una delle convinzioni più diffuse relative al Public Speaking è che tutto possa risolversi in una semplice esposizione di dati e informazioni. Mettere insieme le conoscenze e limitarsi alla loro semplice presentazione è solo uno dei requisiti minimi.

Secondo il mio personale parere il trainer riveste un ruolo importante in quanto si fa carico di un compito estremamente importante: trasferire realmente le nozioni che sono oggetto della sua lezione. Ora, questo concetto è estendibile anche a chi si occupa di vendita e si rivolge a più persone contemporaneamente o a chi deve rivolgersi ad un vasto pubblico. In altre parole, i consigli del presente articolo sono rivolti a tutti coloro hanno l’interesse a coinvolgere chi li ascolta.

La preparazione tecnica di chi entra in aula è fondamentale e potrebbe anche essere più sufficiente: vi sono docenti talmente preparati che, anche essendo poco comunicativi, riescono a conquistare l’aula.
Ma immaginate come potrebbe essere apprezzato un trainer che oltre ad essere preparato riesce anche a comunicare in maniera eccellente. In un precedente articolo ho parlato di empatia e di come sia possibile crearla in un rapporto tra due persone (Empatia e Rispecchiamento). Un docente che vuole anche comunicare in maniera eccellente deve fare un ulteriore passo: stabilire empatia con più persone contemporaneamente.
Parlare in pubblico o trasferire concetti ad un vasta platea richiede abilità e una particolare attitudine mentale. Questo non vuol dire che è un ruolo destinato a pochi, ma che richiede lo sviluppo di particolari capacità. Per “parlare in pubblico” non intendo la semplice esposizione e il commento di diapositive elettroniche, non mi riferisco al semplice trasferimento di nozioni.
Un buon trainer è colui che riesce a catturare l’attenzione di chi lo ascolta trasferendo realmente le nozioni che espone.
Il trainer generalmente presta attenzione al feedback dell’aula adattandosi ad essa in tempo reale. Ha in mente l’obiettivo, è sempre centrato sul bersaglio ma allo stesso tempo è in grado di cambiare le strategie non efficaci. Se si rende conto che un argomento abbassa il livello dell’attenzione o il suo modo di fare non è efficace, cambia piano di azione improvvisando una nuova strategia.
L’apprendimento si svolge su un livello emotivo oltre che razionale. Quindi è importante anche rendere ludica l’esposizione e “rompere gli schemi”.
Per esposizione ludica non intendo dire che il docente deve trasformarsi in un cabarettista, ma rompere gli schemi con qualche battuta ad effetto aiuta a risollevare il livello dell’attenzione quando è in fase calante. Un’eccessiva serietà rischia di pregiudicare l’apprendimento. Prepararsi in anticipo qualche battuta relativa alla lezione può rivelarsi un ottimo strumento per migliorare la propria esposizione. Chiaramente deve essere collegata al contesto ed espressa al momento giusto.
Fondamentali sono i break soprattutto nelle giornate full immersion. È consigliabile intervallarle con delle piccole pause e generalmente mai superare l’ora e mezza di esposizione in quanto la concentrazione di chi vi ascolta tende a calare. In realtà non vi sono dei tempi rigidi a cui attenersi ma un occhio attento si regola in base al dell’aula. È molto meglio fare 5 minuti di break piuttosto che avere di fronte gente assente (mentalmente).

Un altro punto importante inerente l’attenzione sono le dimostrazioni. Diventano fondamentali soprattutto durante esposizioni troppo tecniche che potrebbe causare cali di concentrazione. Se riuscite a preparare un serie di dimostrazioni pratiche, potrete risollevare il livello dell’attenzione. Generalmente si utilizzano all’inizio (per attirare l’attenzione del pubblico), verso la parte centrale della presentazione-lezione (per risollevare l’attenzione) e verso la fine (per creare un ancoraggio positivo all’evento).
Un trainer in PNL possiede anche altre risorse per coinvolgere il suo pubblico. Ad esempio, esporre utilizzando predicati Visivi, Auditivi e Cenestesici. In questo modo riesce a mostrare efficacemente i suoi concetti, può parlare di diversi argomenti senza far calare l’attenzione e può far toccare con mano la validità dei suoi insegnamenti. Chiaramente, utilizzare anche il linguaggio ericksoniano per predisporre all’apprendimento la sua platea può rivelarsi una strategia vincente. In realtà, un Trainer in PNL dispone di una serie di strumenti linguistici che gli permettono di predisporre positivamente lo stato emotivo degli ascoltatori. A volte stupisce sentire, dopo un’intera giornata d’aula in full immersion: “E’ passata velocemente e piacevolmente”, nonostante siano stati toccati argomenti molti tecnici. Ma non bisogna pensare che sia solo una questione di tecniche: in realtà un buon Trainer in PNL ha un particolare approccio ecologico verso l’aula e le persone che lo circondano; per questo motivo raggiunge spontaneamente determinati risultati. Potremmo dire che le tecniche sono lo strumento iniziale che permettono l’evoluzione della persona che le utilizza. Ma non bisogna illudersi che la sola conoscenza delle tecniche automaticamente permetta di raggiungere le mete. Se sinceramente non “ci si mette nei panni degli altri”, non si utilizza “un approccio aperto verso le convinzioni altrui”, non si è “sinceramente interessati al benessere degli altri”, potrete conoscere tutte le tecniche “super segrete” di questo pianeta ma avrete sempre risultati a breve termine. Questo avviene perché non create sinceramente empatia, elemento che è alla base della PNL.

Esaminiamo alcuni accorgimenti che possono essere utilizzati anche da chi non è un esperto in PNL:

1. Entrare in aula con giusta attitudine mentale
2. Rispondere alle domande senza nascondere nulla
3. Adattarsi alla direzione che l’aula suggerisce (pur rimanendo “centrati sul bersaglio”)
4. Mai giudicare le obiezioni
5. Utilizzo del silenzio

1. Entrare in aula con giusta attitudine mentale
Qualsiasi problema abbiate dovete lasciarlo fuori dall’aula. Bisogna rivolgere tutte le energie verso il pubblico. Che stiate vendendo, parlando ad un platea di decine di persone o svolgendo una lezione, è fondamentale “esserci con la testa”. Al pubblico, magari, potrebbe anche importare che voi abbiate qualche problema personale, ma loro sono di fronte a voi per aver il massimo.
La gente vuole nozioni trasferite nel miglior modo possibile. Nella comunicazione tutto quello che pensate si riflette nella vostra fisiologia dato che trasmettete inconsciamente il vostro stato interno. Se esponete con un minimo di entusiasmo, comunicherete questo contagioso stato emotivo coinvolgendo l’aula.
Una tecnica per influenzare il vostro stato interno e di conseguenza la fisiologia esterna consiste nel “sottotesto”. Mentalmente dovete ripetere un frase ciclicamente (come se fosse un mantra), almeno nella fase iniziale. Ad esempio, se sono terrorizzato al solo pensiero di parlare davanti a 50 persone, posso ripetere mentalmente:
“Parlo davanti a vecchi amici, parlo davanti a vecchi amici, parlo davanti a vecchi amici…”.
La ripetizione di questa frase influenzerà la vostra comunicazione non verbale e inconsciamente trasmetterete tranquillità. Non è semplice adottare il sottotesto e parlare contemporaneamente. Infatti non dovrete usarlo durante tutta l’esposizione ma solo nella parte iniziale e quando sarete insicuri. Con un po’ di allenamento è possibile utilizzare questa tecnica efficacemente.

2. Rispondere alle domande senza nascondere nulla
In qualsiasi tipo di esposizione, che siate un formatore, un venditore o altro, di fronte a domande o obiezioni dovete sempre mostrare di essere sicuri di voi stessi. (…)

(…) Ad esempio, durante alcune conferenze è accaduto che alcuni partecipanti abbiano fatto domande insidiose; in questo casi il mio atteggiamento è sempre sicuro rispondendo direttamente alle domande. Evito frasi del tipo: “Prendete nota vi risponderò in seguito”.
Un simile atteggiamento può essere frainteso come paura di rispondere. Ricordate sempre che quello che fate con una singola persona si ripercuote su tutto il gruppo che avete di fronte. Posso comprendere che alcuni non amino essere interrotti durante l’esposizione in quanto vi è il timore di perdere il filo del discorso. Per esperienza, invece, io preferisco che il pubblico mi faccia domande in quanto questo permette di “personalizzare” la mia esposizione. Chiaramente vi possono essere delle eccezioni: alcuni partecipanti possono esagerare con continue domande. Dopo un iniziale atteggiamento di disponibilità vi consiglio di tagliare con decisione mostrando sempre rispetto. Dato che dovete mantenere il rapport con l’aula, se vi fate interrompere continuamente, rischiate di creare disarmonia con la maggioranza. Generalmente questi casi sono rari ma possono verificarsi.

3. Adattarsi alla direzione che l’aula suggerisce (pur rimanendo “centrati sul bersaglio”).
Questo punto si ricollega al precedente: le domande possono essere uno spunto vantaggioso per adattarsi al gruppo. Chi inizia una presentazione ha una linea guida da seguire, una serie di passi e un obiettivo da raggiungere. Molti amano usare le slides (anch’io durante esposizioni molto tecniche) in modo da non farsi distogliere dalla “strada” da percorre. Personalmente ritengo che quando il pubblico sollecita una direzione diversa (rimanendo invariato l’obiettivo) è possibile adattarsi: questo tipo di esposizione flessibile permette di mantenere il rapport e soddisfare maggiormente le aspettative. Naturalmente, sconsiglio di farlo se la “deviazione” è eccessiva o rischia di cambiare l’obiettivo finale dell’incontro.

4. Mai giudicare le obiezioni
Le obiezioni sono dei blocchi di resistenza che vanno prima compresi e in seguito sciolti . Non serve a nulla ignorarle o (peggio) attaccarle e/o deriderle. Dovete sempre rammentare che quello che fate ad un singolo partecipante si ripercuote su tutta l’aula. Ogni critica è sempre un’ottima osservazione (per quanto apparentemente banale possa apparire) e deve sempre essere accolta con cortesia e rispetto. Bisogna mantenere questo atteggiamento anche quando le domande sono ambigue, implicitamente offensive e con l’obiettivo di mettervi in difficoltà. Soprattutto in questo ultimo caso è fondamentale mostrarsi aperti. Durante una presentazione un partecipante mosse delle critiche infondate. Cercavo sinceramente di comprendere cosa volesse dirmi e mantenevo sempre un atteggiamento aperto. Invece, questa persona continuava ad incalzare nonostante mostrassi di essere parzialmente in accordo con lei. Alla fine fu allontanata dalla presentazione dagli stessi partecipanti che videro nei suoi interventi solo un modo per rovinare la conferenza. Sono convinto che se mi fossi comportamento in modo diverso, attaccando il partecipante o ignorando le sue osservazioni, avrei rovinato il rapport con l’intero gruppo. Invece, si era creata una qualità empatica talmente elevata che la gente prese le mie difese.

5. Utilizzo del silenzio
Cosa bisogna fare se c’è gente che vocifera e disturba l’esposizione? Generalmente nelle grandi conferenze non arrecano disturbo ma in situazioni più modeste potrebbero rovinare la presentazione. Atteggiamenti immediatamente aggressivi sono deleteri. Ad esempio, frasi come:
“Se avete qualcosa da dire, uscite fuori”, o “rendeteci partecipi”, potrebbero infrangere il rapport. Infatti, non potete mai sapere chi sono questi individui e in che modo sono (se lo sono) collegati con il resto dei partecipanti. Un sistema molto efficace e che permette di mantenere il rapport si realizza nel smettendo di parlare e osservare con tranquillità chi disturba; in seguito riprendete come se nulla fosse accaduto. Se si dovesse ripetere l’evento, non dovrete fare altro che utilizzare il silenzio. Per esperienza i “disturbatori” smettono in quanto mettete in atto un sottile sistema di pressione psicologica che apparentemente non è aggressivo.

In questo breve articolo ho cercato di fornire una serie di suggerimenti da applicare in base alle circostanze. Consiglio sempre un approccio empatico ma in alcune situazioni può rendersi necessario un atteggiamento autorevole (non autoritario) per riprendere le redini della situazione. Dovete sempre tenere a mente che in quel momento voi avete un ruolo di leader. È anche vero che chi ha il ruolo di leader non sempre ha le capacità di leadershi .
Un vero leader deve possedere le seguenti capacità:

1. Self Skills
2. Capacità di relazione
3. Capacità di pensiero strategico
4. Capacità di pensiero sistemico

1. Self Skills
Si riferisce a come il leader impiega se stesso in una particolare situazione.
Permette di far scegliere o progettare lo stato più adatto, attitudini, criteri e strategie con le quali affronta le situazioni.

2. Capacità di relazione
Comprendere, motivare e comunicare con gli altri. È l’abilità di entrare nella mappa del mondo altrui, comprendere obiettivi e problemi.

3. Capacità di pensiero strategico
Si tratta di abilità per definire ed ottenere specifici obiettivi. Il primo passo consiste nel determinare lo stato desiderato. La chiave più importante di questa capacità consiste nell’individuare quali agenti e operazioni sono efficienti ed effettivamente muovono il sistema dallo stato presente verso lo stato desiderato

4. Capacità di pensiero sistemico
Si riferisce ad effettive capacità di problem solving. Questa è la capacità posseduta dai leader più maturi.

Ci si può rendere facilmente conto come queste capacità ben si adattano a chi parla in pubblico.

Vendere con la PNL

La maggior parte dei corsi sulla vendita tende ad insegnare due strategie principali basandosi su un principio denominato “dell’imbuto”. Questo concetto si basa su statistiche di chiusura dei contratti ed afferma che il rapporto tra incontro e chiusura tende ad essere del 10% (forse un po’ troppo ottimistico!): generalmente ogni cinquanta persone incontrate durante la settimana, la percentuale di vendita equivale a 5 contratti. Di conseguenza, se vuoi raddoppiare i tuoi introiti, la logica suggerisce che devi incontrare cento persone in una settimana.
Se vuoi triplicare i contratti devi incontrare 150 potenziali clienti per chiuderne 15.
Questo approccio è valido e sensato? L’utilizzo di questa strategia si imbatte in un forte limite che è la propria salute: il denaro è più importante del tuo benessere?

La seconda strategia, invece, mostra un metodo di lavoro migliore: incontrare individui che hanno interesse ad acquistare la tipologia dei tuoi prodotti e/o servizi. La naturale considerazione è che la vendita tende a chiudersi molto più facilmente rispetto alla prima strategia. Ma anche qui esiste un limite: ti è mai successo di incontrare molta gente interessata a quanto proponi ma, per qualche ragione, con alcuni hai mancato il bersaglio?
Probabilmente ti sarai detto: “Con queste persone non è possibile chiudere un contratto. Alcune persone non vogliono comprare niente da nessuno”.
Nessuno?
Pensi veramente che questi clienti persi non comprino mai da nessun venditore? Lo fanno sicuramente
Allora qual è il limite della seconda strategia? L’errore inconsapevole è l’utilizzo di un singolo approccio alla vendita, quello che per esperienza hai scoperto essere il più efficace con la maggior parte degli individui che hai incontrato. In altre parole hai probabilmente messo a punto una presentazione del tuo prodotto e/o servizio “standard” che ha una accettabile percentuale di ritorno. Ma come mai questo approccio con alcuni non funziona?
Oppure, molte aziende insegnano ai propri venditori una presentazione standard che tende a produrre ottime percentuali di chiusura. Ma con alcuni non funziona in quanto non è adatta a tutti i clienti. Un buon venditore deve essere in grado di variare il suo stile di vendita ed improvvisare per rispondere efficacemente alla situazione che affronta in quel preciso momento.

In questo articolo voglio parlarvi della Terza Strategia, quella che vi permetterà di aumentare la percentuale di chiusura dei contratti. Questa ruota sulla possibilità di incrementare l’abilità di negoziare con più tipi di persone.
Lavorare con diversi individui richiede l’abilità di variare il tuo stile di vendita in base a persone diverse. Una volta che hai accettato questo fatto, sei sulla via per abbandonare il singolo approccio e divenire flessibile nell’estrarre, identificare e trovare la strategia d’acquisto soggettiva del cliente. Le strategie di acquisto mostrano come le persone decidono e si motivano verso determinate azioni.

Per comprendere il vostro interlocutore è fondamentale stabilire empatia. In questa sede non toccherò questo argomento e vi rimando alla lettura del precedente articolo “Empatia e Rispecchiamento ”.
Dato che i primi trenta secondi sono fondamentali per dare una buona prima impressione, il rispecchiamento è una tecnica efficace per stabilire Rapport ed empatia. Grazie a questa tecnica è possibile abbattere barriere ed ostacoli facilitando il primo dei quattro passi della negoziazione perfetta: raccogliere le informazioni. Gli altri tre passi sono: reperire le strategie decisionali, personalizzare la proposta e gestire le obiezioni.
Nel primo passo è fondamentale raccogliere ogni informazione circa: i bisogni reali e quelli percepiti, le parole “calde” collegate (key words – trance words), Sistemi Rappresentazionali (VAK) e Metaprogrammi (trattati nel precedente articolo “Comunicazione empatica e Metaprogrammi”).

Grazie a domande aperte (Cosa posso fare per lei? Come posso aiutarla? Quali sono le vostre esigenze aziendali? ecc.) è possibile comprendere di cosa ha realmente bisogno il mio cliente e quali sono le “parole calde” da utilizzare nella fase della proposta. Le key words sono ancoraggi auditivi presenti in ognuno di noi.
Gli ancoraggi sono interruttori neuro-emozionali collegati a particolari stati emotivi. Un esempio di ancoraggi sono particolari profumi che ci ricordano eventi piacevoli o particolari persone (ancore olfattive), particolari gesti o forme che ci ricordano qualcuno o rievocano emozioni positive (ancore visive) o particolari musiche che riattivano stati emozionali. Ad esempio, in una pubblicità posso proporre un prodotto con una colonna sonora di successo: inconsciamente si associa lo stato positivo della musica al prodotto. Le key word e trance words (o parole calde) sono ancoraggi auditivi.
Si tratta di particolari parole che, quando sono pronunciate dal nostro interlocutore, inconsciamente ci affascinano e generalmente legate a processi decisionali. Ad esempio, se il cliente dice che ha bisogno di un computer pratico e maneggevole perché il mio lavoro comporta frequenti spostamenti, “pratico” e “maneggevole” sono due parole che dovrò usare nella fase della proposta (e ripetere più volte):
“Tra le offerte del mese abbiamo questo portatile estremamente pratico nelle funzioni oltre ad essere estremamente maneggevole per chi si sposta spesso per lavoro. La borsa, molto maneggevole, lo rende molto più pratico rispetto ad altri prodotti simili”.

Si tratta di una semplice ma potentissima tecnica che, nella vendita, aumenta notevolmente la percentuale di chiusura dei contratti. Infatti, oltre a soddisfare uno dei principi della vendita (fare leva sui bisogni del cliente), grazie alle parole calde la nostra proposta tende ad essere per il nostro interlocutore più affascinante.

Un passo fondamentale nel processo di vendita consiste nel chiedersi: “di cosa il cliente ha bisogno?”. Se riuscirete a rispondere a questa semplice domanda, sarete molto avanti nel gioco della negoziazione.

La proposta deve essere sempre personalizzata in base ai bisogni e i criteri del vostro interlocutore. I bisogni si individuano grazie a domande “aperte”: “come posso aiutarla”, “come posso esserle utile”, “di cosa ha bisogno” ecc. Grazie ad esse riuscirete a reperire i “bisogni reali” e potrete eventualmente suggerire strade alternative non considerate dal vostro cliente. Ad esempio, supponiamo che io sia un venditore di personal computer e il mio cliente mi chiede un prodotto di un modello e marca particolare. Supponiamo anche che non tratti quel particolare prodotto ma ne possiedo altri molti simili. A questo punto, invece di rispondere “mi spiace ma non tratto quella marca” rischiando di perdere la vendita, posso chiedergli: “per quale scopo le serve?” oppure “come mai vuole proprio quel tipo di prodotto?”. In questo modo posso capire la motivazione celata dietro la richiesta. Ad esempio, se mi risponde che desidera quel prodotto perché possiede determinate caratteristiche, posso indirizzarlo su un modello con specifiche identiche o superiori. È un buon sistema per proporre soluzioni alternative invece di limitarsi a perdere la vendita. Però, se il cliente è affezionato a quella particolare marca, diventa molto difficile spostare la sua preferenza su un’altra che non conosce. A questo punto entrano in ballo i “criteri decisionali”. Ogni individuo acquista in base a particolari criteri: alcuni in base al prezzo (il meno costoso), altri amano al qualità e badano poco al prezzo, altri invece non guardano prezzo e qualità ma la dilazione di pagamento. In altre parole è fondamentale comprendere il criterio decisionale adottato dal nostro interlocutore. Infatti, se il mio cliente sceglie in base alla qualità, è inutile parlare di sconti e promozioni per spingerlo all’acquisto. Oppure, se è alla ricerca di prodotti a basso costo, perderò tempo decantando le qualità del prodotto e il servizio post vendita. Un buon venditore, prima di passare alla proposta, deve fare un minino di attività investigativa su chi ha di fronte. È anche vero che questo dipende dalla tipologia della negoziazione: se vendo bulloni le esigenze sono minime, se vendo appartamenti, prodotti assicurativi o corsi di formazione devo necessariamente comprendere la mappa del mondo del mio cliente per personalizzare la proposta.

Riassumendo, un buon venditore individua:
1. i bisogni reali (e percepiti)
2. i criteri decisionali

Questi elementi si inseriscono nella proposta; in questo modo ricalcherete esattamente la realtà soggettiva del cliente. Durante questo processo non conta la vostra opinione su cosa è meglio per lui: se vi chiede una casa con ampio giardino in una zona collinare, non insistete con una villa sul mare perché dovete venderla a tutti i costi; è meglio perdere una vendita piuttosto che forzare una decisione o essere ricordati come dei seccatori. I “pettegolezzi negativi” girano molto più in fretta rispetto alle opinioni positive. Questo consiglio è soprattutto rivolto a chi si occupa da poco di negoziazione mentre i venditori più anziani, grazie alla loro esperienza, sanno molto bene che è deleterio insistere con proposte che non coincidono con bisogni e criteri.
Un buon venditore aderisce ad un codice etico grazie al quale costruisce una reputazione positiva. Questo elemento è fondamentale per creare fiducia ed empatia. Si tratta di una strategia che nel medio-lungo periodo fidelizza la clientela; un “venditore di successo” è colui che è sinceramente interessato al benessere del suo cliente negoziando sempre in base al principio win-win.
Infine, per rendere più efficace la nostra proposta possiamo seguire una serie di suggerimenti. Esaminiamone alcuni:

1. Evitare di dare troppe nuove informazioni.
La mente è in grado di focalizzare la sua attenzione su un ristretto numero di nuove informazioni. Quindi, se toccate troppi punti rischiate che il cliente non presti attenzione agli ultimi argomenti. Consiglio di toccare mediamente 5 punti che approfondirete volta per volta.

2. Evitare di parlare velocemente.
L’acquisizione delle nuove informazioni è paragonabile all’ascolto di una lingua straniera: si mettono in moto un processo di traduzione e uno di attenzione sui contenuti. Per questo motivo riuscite a comprendere quanto afferma il vostro interlocutore se parla lentamente. Invece, se parla velocemente rischiate di non seguirlo completamente. Questo avviene anche quando qualcuno ci spiega qualcosa di nuovo: se parla troppo velocemente non riusciamo a comprendere bene l’esposizione.

3. Fare un elenco iniziale dei punti che tratterete e ripeterli alla fine della proposta.
Si tratta di un sistema per imprimere con maggiore efficacia la nostra proposta nella mente del cliente. Elencate inizialmente i punti principali e alla fine ripeteteli; ad esempio: “Vedremo le caratteristiche principali di X, le sue applicazioni, le agevolazioni finanziare e il servizio post vendita”; alla fine della proposta: “Come vi avevo preannunciato abbiamo visto le caratteristiche di X, le sue applicazioni…ecc.”. Si tratta anche di una sottile forma di ricalco.

4. Mostrare entusiasmo e confidenza con quanto proponete.
L’entusiasmo è un’emozione positiva che predispone al consenso e generalmente contagiosa. Quindi, se vi mostrate entusiasti (senza esagerare) mentre illustrate la vostra proposta, tenderete a creare un clima ottimale per l’andamento della negoziazione. Inoltre, dovrete mostrare estrema confidenza con quanto proponete: se mostrate insicurezza o non sapete rispondere a domande e/o obiezioni specifiche, rischiate di trasmettere un messaggio negativo: “non conosco il prodotto” o “non sono sicuro di quello che dico”. Come potete pretendere di convincere qualcuno se voi non mostrate sicurezza?

PNL e gestione delle obiezioni

Nelle relazioni spesso incorriamo in “blocchi di resistenza” al consenso: le obiezioni. Quando il nostro interlocutore esprime disaccordo nei nostri confronti è sempre importante prendere in considerazione quello che afferma in quanto per lui è importante riferire il suo pensiero. Prendere in considerazione la sua opposizione ci permette di capire come funziona la sua mente. Uno degli errori più comuni consiste nel svalutare le critiche che ci vengono mosse o cercare di evitarle cambiando discorso.
Per gestire in maniera efficace ed ecologica le obiezioni dovrete sempre tenere il presente il concetto “Win – Win”: Vinco io – Vince l’altro. Se non rispetterete questo principio l’altro si sentirà attaccato o perdente nel processo comunicativo rischiando di creare disarmonie che prima o poi si ritorceranno contro di voi.
Esistono diverse tecniche bastate su schemi linguistici di persuasione il cui obiettivo consiste nel condurre il vostro interlocutore verso uno stato d’animo positivo e aperto nei vostri confronti. In questa sede ci limiteremo ad analizzare cinque accorgimenti che vi permetteranno di gestire in maniera efficace le obiezioni:

1) Tranquillità
2) Creare empatia
3) Evitare i giudizi
4) Congruenza
5) Mostrare confidenza con quello che dite

1) Tranquillità: Il primo passo per affrontare le obiezioni consiste nell’assumere un atteggiamento tranquillo e rilassato mostrando che non avete nulla da nascondere.
Spesso le obiezioni nascondono delle paure (ad esempio, “non mi convinci” potrebbe nascondere la paura di prendere la decisione sbagliata) e solo accogliendola possiamo capire “cosa c’è dietro”. In questo modo possiamo trovare la soluzione e rimuovere l’ostacolo al consenso. Invece, se ci limitiamo ad ignorarla, non risolviamo il problema che la ha creata. In questo modo riuscirete a mantenere il Rapport.

2) Creare Empatia: per eliminare gli ostacoli dovrete modificare il vostro comportamento. In un precedente articolo abbiamo analizzato la tecnica del Rispecchiamento. In questa sede la riprendiamo adattandola alle obiezioni (per i dettagli vi consiglio di leggere l’articolo “Empatia e Rispecchiamento” di Vincenzo Fanelli).
Il Rispecchiamento di postura è un ottimo sistema per abbattere gli ostacoli delle obiezioni in quanto crea empatia. Se ad esempio il vostro interlocutore assume una postura che esprime chiusura (braccia conserte), voi dovrete rispecchiarla. Dopo qualche istante si aprirà entrando in empatia con voi. Se create empatia il vostro interlocutore tenderà a fidarsi attenuando la resistenza al consenso.

3) Evitare i giudizi: è fondamentale evitare giudizi svalorizzanti verso l’obiezione del vostro interlocutore. Se lo criticate, non farete altro che aumentare le barriere verso il consenso predisponendolo negativamente. La chiusura aumenta in quanto si sente attaccato nella sua Mappa del Mondo. Quando qualcuno esprime un’opinione è un errore attaccarla in quanto la sua mente si focalizzerà su fatto che è stato rifiutato e penserà a come attaccarvi. Quindi, giudicare negativamente un obiezione è  solo un ottimo sistema per aumentare il contrasto relazionale.

4) Congruenza: le vostre parole e il vostro corpo devo essere in sintonia in quanto se ad esempio dite: “Fidati di me” e scuotete la testa come se diceste “No”, comunicate una incongruenza. L’inconscio del vostro interlocutore la decodifica creando in lui un senso di diffidenza. Quando comunicazione verbale e non verbale sono allineate, la vostra capacità di trasmettere messaggi aumenta in maniera considerevole. La congruenza, in particolar modo nella gestione delle obiezioni, è importante. Cominciate ad allenarvi e a notare come comunicate.

5) Mostrare confidenza con quello che dite: è importante essere a proprio agio con quanto esponente. Se balbettate o siete nervosi non farete altro che aumentare il senso di diffidenza di chi avete di fronte. Inoltre potreste comunicare che non sapete neanche voi quello che state dicendo! Per questo motivo è cruciale mostrarsi sicuri e confidenti quando proponete qualcosa ai vostri interlocutori. Inoltre, se vi mostrate entusiasti tenderete a influenzare positivamente le persone con cui interagite. Infatti, l’entusiasmo è uno stato positivo generalmente contagioso. Se riuscite a trasmette entusiasmo, nel vostro interlocutore tenderà a crearsi uno stato positivo e predisposto nei vostri confronti.

In tutti casi dovrete modificare il vostro comportamento ed essere più flessibili nella comunicazione. Se siete rigidi, se tendete a rimanere sulla difensiva, ignorate le obiezioni o addirittura diventate aggressivi/arroganti, non farete altro che aumentare le obiezioni nei vostri confronti.

PNL e modellamento dell’eccellenza

Il modellamento è un processo che si basa essenzialmente sullo scambio di idee. Quando due individui scambiano le loro esperienze e abilità, dopo il loro incontro, risultano più ricchi di prima.

 

Se esiste un particolare individuo che possiede specifiche capacità che ci interessano, grazie al modellamento possiamo “estrarle” e apprenderle.

 

Se incontriamo una persona affamata possiamo decidere di darle 10 euro in modo da potersi nutrire, ma la soluzione è solo temporanea. Se, invece, decidiamo di insegnarle una professione (sempre che lei lo voglia) le diamo la possibilità di sfamarsi per tutta la vita e non per un giorno soltanto. 

 

Ma cosa indichiamo con il termine “modello”? Si indica una descrizione o analogia atta a segnalare qualcosa di non osservabile o un sistema di presupposti, informazioni e inferenze presentato come una rappresentazione formale di un’entità o situazione.  


Come funziona il modellamento nella PNL?

Parte dalla comprensione del comportamento umano per esaminare i processi che ne sono la base e apprenderli. Ne deriva un parametro di riferimento, utile per insegnarlo ad altri. Ad esempio, in ambito aziendale o sportivo si fanno ripetere, a chi è inesperto, una serie di comportamenti specificandone le fasi. In questo modo è possibile apprendere una strategia fornita da chi ha già raggiunto significativi successi nell’abito di interesse.
Generalmente non si prende ad esempio un singolo individuo, ma un più ampio numero di comportamenti o esempi che hanno prodotto il medesimo risultato. Ad esempio, nella PNL si utilizzano alcune tecniche come la “Time Line” per trasformare blocchi emotivi. Per raggiungere il risultato e perfezionare il sistema, sono stati esaminati più casi con esito positivo e non un singolo esempio. 

 

Inoltre, una volta estratto il processo, deve essere formalizzato e applicato in ambito diverso. Ad esempio, posso modellare una strategia per guidare un team di regata e applicarla (contestualizzandola) in ambito aziendale.
Naturalmente il linguaggio, con cui ci esprimiamo, non descrive mai la struttura profonda: il “pezzo” originale subisce generalizzazioni, cancellazioni e deformazioni che ne alterano la forma. Per accedere alla struttura profonda, bisogna utilizzare dei linguaggi di precisione (Metamodello). Grazie ad esso, è possibile individuare le violazioni che “nascondono” il messaggio originale. 


In che modo si esamina un individuo che si desidera modellare?
Per creare modelli efficaci non basta la semplice emulazione, ma bisogna esaminare differenti livelli di informazione. Ad esempio, che influenza esercita l’ambiente esterno sulla persona che intendiamo modellare (quando e dove agisce). Naturalmente si prende in considerazione anche l’impatto che, a sua volta, genera l’individuo sull’ambiente.

Un altro livello di informazioni si riferisce al “cosa fa” esattamente, ovvero i comportamenti specifici (schemi lavorativi, relazionali e interattivi riferiti a situazioni e/o persone).
Inoltre si esaminano le capacità intellettuali e cognitive, i suoi valori e convinzioni (cosa “crede” in merito al proprio ambiente, in merito a se stesso, al suo lavoro ecc.). In altre parole, si esamina tutta la struttura dei suoi livelli logici (ambiente → comportamento → capacità → convinzioni/valori identità → spiritualità). 

 

Voglio concludere questo breve articolo (per approfondire il tema vi rimando alla lettura del libro “Creare modelli con la PNL” di Robert Dilts – Astrolabio) citando una frase di Robert Dilts che, grazie ad una metafora, spiega l’essenza del modellamento: se due individui si incontrano e si scambiano un dollaro, dopo il loro incontro avranno sempre un dollaro a testa. Se gli stessi individui scambiano un’idea, dopo il loro incontro avranno due idee ciascuno.

 

Questa frase dovrebbe far riflettere anche su quanto sia importante scambiare informazioni e comunicare all’interno di un team invece di trincerarsi dietro le proprie idee e pregiudizi.

PNL, empatia e rispecchiamento

Empatia è un termine che indica la capacità di provare gli stessi sentimenti di un altro individuo.

 

Martin Hoffman, un ricercatore che si occupa di empatia, sostiene che l’empatia si forma naturalmente a partire dall’infanzia. Infatti, nel primo anno di età un bambino prova disagio quando vede un altro farsi male cadendo per terra e può cominciare a piangere, come se fosse stato lui a farsi male. Poi, verso i due anni, cominciano a distinguere i sentimenti loro da quelli degli altri, rendendosi conto che sono diversi. Cominciano a focalizzarsi su i segnali degli altri che rilevano sentimenti. In seguito si rendono conto che possono comprendere la sofferenza a prescindere dal momento che vivono, provando emozioni anche per interi gruppi di persone.

 

Un esempio di empatia si ha quando assistiamo a qualcuno che prova delle sofferenze e ci sentiamo spinti ad aiutarlo. Provare un sentimento insieme ad un altro individuo significa essere emozionalmente partecipi.

 

Il rispecchiamento è un sistema per creare con il nostro interlocutore un “rapporto empatico”, basato sulla fiducia e la sintonia emotiva.

 

Il Rispecchiamento è uno dei metodi più potenti e che è alla base della programmazione neuro-linguistica. È un sistema per creare velocemente Rapport con il nostro interlocutore. La stessa parola indica un’assunzione della nostra postura speculare a quella di chi ci è di fronte. Pensate a due innamorati. Quando sono insieme, assumono una postura identica, mimando gli stessi gesti, come in una “danza” non verbale.

 

Vi è una vera e propria sintonia. Quindi si tratta di riprodurre artificialmente un procedimento naturale. Quando l’inconscio di un individuo è stimolato da quello del suo interlocutore, cerca di interessarlo assumendo la sua postura. È come se gli dicesse: “Sono simile a te!”. L’aspetto della comunicazione non verbale ha un ruolo fondamentale nell’empatia.

 

Robert Levenson, psicologo della California University di Berkeley ha dimostrato come l’emapatia ha una base fisiologica. Ha condotto studi su coppie di coniugi, i quali dovevano indovinare cosa provasse il partner durante una accesa discussione. I partner venivano registrati con una videocamera e le reazioni fisiologiche misurate mentre parlavano di un problema inerente il loro matrimonio (chi deve rimproverare i figli, le spese, ecc.). Poi ogni partner rivedeva la registrazione spiegando le sue emozioni momento per momento. In seguito rivedeva la registrazione cercando di indovinare lo stato emozionale dell’altro partner. Il massimo dell’empatia è stato riscontrato in quei coniugi che, mentre osservavano il partner, assumevano la stessa fisiologia, reagivano in modo analogo: se il partner aveva un’abbondante sudorazione, anche il loro sudavano; se il partner aveva un calo della frequenza cardiaca, anche loro lo avevano. Mimavano le impercettibili reazioni fisiologiche del loro partner.

 

Invece, coloro che mantenevano il loro atteggiamento, senza mimare quello del partner, non riuscivano a indovinare lo stato emotivo del coniuge.
L’empatia è possibile quando il corpo degli interlocutori è in sincronia.

 

Personalmente ho condotto una serie di studi su un gruppo di studenti universitari durante gli esami. Gli studenti non avevano conseguito una preparazione soddisfacente. Li avevo addestrati al rispecchiamento e gli dissi di applicarlo con il professore (inconsapevole) durante la discussione dell’esame. I risultati furono sorprendenti. Alcuni furono in grado di dare risposte a domande a cui non avrebbero saputo rispondere normalmente. Raccontarono di sapere inspiegabilmente creare collegamenti con argomenti in maniera tale da saper rispondere e soddisfare le aspettative del professore. Altri, invece, nonostante avessero sostenuto un esame poco brillante, furono aiutati dal professore che cercò di fargli superare l’esame con un voto soddisfacente.

 

Quindi il rispecchiamento consiste nel ricreare la stessa fisiologia, postura del nostro interlocutore. Se chi abbiamo di fronte ha le braccia conserte, anche noi lo faremo. Se il nostro interlocutore si accarezza i capelli, possiamo imitarlo. Ma, esiste un’avvertenza: non bisogna scimmiottare. Ovvero, non dobbiamo rispecchiarlo in tempo reale altrimenti potrebbe dirci: “Ma mi prendi in giro?”. Se si accarezza i capelli, possiamo farlo dopo qualche attimo e non immediatamente. Un sistema efficace è quello di assumere o mimare i gesti, quando interveniamo nella discussione. Aspettiamo che finisca il suo pensiero e poi, quando cominciamo a parlare, mimiamo la sua postura.

 

Vi è una spiegazione neurologica del rispecchiamento.

La risposta è depositata nella corteccia visiva e nell’amigdala. Quando si vede la faccia di un individuo, l’informazione induce una scarica prima nella corteccia visiva e poi nell’amigdala.

 

Questo è il percorso standard che induce attività emozionale. In seguito sono stati identificati alcuni neuroni che sembrano reagire solo a particolari risposte: atteggiamenti aggressivi, di sottomissione, paura, ecc.. Sembra che il nostro cervello sia predisposto per reagire a particolari stimoli esterni. Ecco perché gli innamorati entrano in una sincronia di segnali empatici, che inconsciamente vengono codificati e rimandanti. Quindi, mimando la postura e la fisiologia del nostro interlocutore, rimandiamo una serie di segnali che poi registra in quei particolari neuroni, decodificandoci come persone empatiche nei suoi confronti. Infatti, il rispecchiamento permette l’instaurazione della fiducia: “Non so perché, ma sento di potermi fidare di te”. Inoltre, rispecchiando, possiamo percepire lo stato emotivo di chi abbiamo di fronte, comunicare a un livello molto più profondo di quello normale.

PNL, introduzione alla Programmazione Neuro Linguistica

La Programmazione Neurolinguistica (PNL) è una disciplina nata negli anni settanta in America grazie al matematico Richard Bandler e il linguista John Grinder. Le loro ricerche, sulla scia del lavoro di Gregory Bateson, si sono concentrate nell’individuazione dell’elemento peculiare che permetteva ad alcuni psicoterapeuti come Milton Erickson, Fritz Pearls e Virginia Satir di ottenere costantemente un’alta media di risultati positivi.

 

Bandler e Grinder hanno formalizzato gli schemi comunicativi di maggiore influenza. Inizialmente furono applicati nel contesto della psicoterapia ma in seguito furono estesi in altri ambiti della comunicazione umana: vendita, commercio, istruzione, attività legali e in ogni settore in cui è richiesta la comunicazione. Un aspetto peculiare della PNL è che contrappone il modello alla teoria: il modello descrive come opera qualcosa; la teoria deve individuare la spiegazione in merito alla collimazione dei vari modelli con la realtà. La PNL mostra il procedimento principale utilizzato dall’uomo per decodificare, trasmettere, condurre e cambiare il comportamento.

 

Esaminiamo nei particolari il nome “Programmazione Neurolinguistica”:
– Programmazione: secondi gli studiosi noi abbiamo dei patrimoni di programmi racchiusi nella nostra mente e questi programmi possono essere modificati.
– Neuro: questi programmi vengono sistemati in maniera tale da diventare delle configurazioni neurali
– Linguistica: il linguaggio fa parte del nostro sistema di comunicazione con gli altri e attraverso dei linguaggi di precisione è possibile estrarre i limiti che ostacolano il raggiungimento dei nostri obiettivi.

 

Analizziamo alcuni presupposti della PNL:

 

1. La mappa non è il territorio
Studiare la cartina di un territorio non corrisponde alla conoscenza dello stesso. La mappa è una rappresentazione sintetica del terreno in quanto per ottenerne una corrispondente alla realtà saremmo costretti a realizzarne una su sala 1:1. Ogni individuo possiede una propria rappresentazione della realtà che non è mai oggettiva in quanto le informazioni entranti vengono generalizzate, cancellate e deformate. La soggettività della realtà di ognuno di noi avviene grazie ad alcuni vincoli strutturali. Questi ultimi sono di tipo NEUROLOGICO, SOCIALE E INDIVIDUALE.
Per questo motivo ogni individuo possiede la sua unica mappa del mondo e non ne esistono due identiche.


2. Ogni comportamento è comunicazione

Non è possibile non comunicare. Se un individuo decide di stare in silenzio in realtà comunica che desidera non comunicare. Per questo motivo ogni atto trasmette uno o più messaggi.

 

3. La PNL è lo studio dell’esperienza soggettiva
La realtà soggettiva possiede una struttura; la PNL si occupa dello studio di tale insieme. La realtà interiore può essere studiata e ampliata permettendo ad ogni individuo di interagire creativamente con gli altri e con se stesso.

 

4. L’eccellenza è limitata solo dalla nostra percezione di ciò che è possibile. La PNL amplia i limiti della percezione
La differenza tra chi raggiunge le proprie mete e chi non ci riesce consiste nel fatto che i primi riescono a reagire allo stress utilizzando la creatività ed accedendo ad una vasta gamma di scelte. Gli altri vivono se stessi come individui dalle scelte limitate: “Le ho provate tutte ma…”, “ Non c’è più nulla da fare”, “Non esistono vie di uscita”.
Infatti, non operano la scelta sbagliata: non hanno abbastanza scelte. La PNL guida gli individui ad ampliare le proprie scelte.

 

5. Qualunque processo osservato è schematizzabile e riproducibile
È possibile scoprire le regolarità esistenti tra il comportamento osservabile dell’individuo e i suoi processi interni; in questo modo è possibile ricalcare la sua strategia. In PNL l’estrazione della strategia viene chiamata Modellamento e serve per conoscere la struttura dell’esperienza soggettiva.

 

La PNL aiuta gli individui a focalizzare meglio i propri obiettivi, ad ampliare le capacità comunicative, di motivazione e auto-motivazione.  La PNL attualmente è cambiata rispetto alla sua formulazione originaria evolvendosi (anche se molti dei suoi principi sono rimasti immutati): è stata rivista la vecchia concezione della mente umana paragonata ad un computer in quanto molto più complessa; è stata integrata con altre discipline; molti trainers formati da Bandler e Grinder hanno apportato significativi contributi alla PNL e gli stessi fondatori hanno prodotto notevoli cambiamenti nel corso degli anni. Il cambiamento e la flessibilità sono lo spirito della PNL in quanto nell’evoluzione (di qualsiasi tipo) è insita la capacità di adattamento.

Relazioni: come salvarle

Nelle relazioni private e professionali i momenti di crisi sono uno dei grandi problemi che colpisce un po’ tutti noi. In questa sede voglio concentrarmi sulle relazioni sentimentali.
All’inizio, una storia amorosa sembra andare per il verso giusto (nella maggior parte dei casi) perchè si condividono quasi le stesse passioni, siamo aperti verso i gusti dell’altra persona e lei lo è verso i nostri creando una splendida intesa. Questo periodo iniziale è quasi sempre straordinario perché ci sembra di aver incontrato la persona che abbiamo sempre cercato.
In realtà, pochi sanno che il nostro inconscio, quando è stimolato da qualcuno, mette in atto una serie di comportamenti per affascinare l’altra persona: ad esempio, se abbiamo sempre odiato il ballo latino-americano e il/la partner ne è un’appassionata, improvvisamente rivediamo questa convinzioni decidendo di andare a frequentare qualche lezione. Se a lei piace il Renato Zero e a lui no, quest ultimo accetta di andare con lei ad un concerto cantando a squarcia gola le sue canzoni.
La cosa interessante è che lui non ne è consapevole perché la sua parte profonda (interessata ad affascinare lei) innesca una serie di strategie seduttive.Naturalmente, anche lei farà lo stesso.
Sarebbe bello se questa situazione continuasse in eterno, ma non è così.

Dopo un periodo iniziale più o meno breve (è soggettivo) le esigenze del proprio Sé cominciano ad emergere. Quindi, se lei dice:
“Amore, stasera andiamo a ballare latino-americano?”
lui potrebbe risponderle:
“Guarda…mi sono stufato di ‘sculettare’ come uno stupido, Vacci con le tue amiche! Stasera c’è la partita in televisione!”.
Lei rimane stupita e turbata. Allora, continua:
“Vabbè, almeno ricordati che sabato andiamo al concerto di Renato Zero!”.
e lui potrebbe ribattere:
“Uff…senti…vacci tu con la tua amica…lo sai che non ho voglia. Preferisco andare a farmi una birra con gli amici!”.
Lei ormai lo guarda sconvolta:
“Ma cosa ti è successo? Perché sei cambiato così?”.

In verità, lui non è mai cambiato. Aveva solo accantonato il suo vero Io temporaneamente. Ti sei riconosciuto/a in questa scenetta? Magari i ruoli erano invertiti, ma questo è quello che generalmente accade in una relazione. C’è chi riesce ad adattarsi all’altro/a molto a lungo, ma prima o poi i suoi veri bisogni emergeranno.

Le coppie che reggono questo passaggio e maturano in una relazione felice sono quelle che mantengono alcuni fondamentali punti di contatto (anche se pochi). Ad esempio, condividono la passione per il cinema e hanno valori in comune molto forti (ad esempio, la crescita personale e la famiglia). Spesso le relazioni entrano in crisi proprio a causa di valori fortemente contrastanti. Ad esempio, se lui ha al primo posto “Famiglia” nel senso di avere dei figli e lei, invece, ha “Carriera”, potrebbe accadere qualcosa come:

“Sai tesoro, non vedo l’ora di diventare papà. Quando iniziamo a provarci???”.
Lei si blocca, lo guarda esterrefatta ed esclama:
“Cosa??? Lo sai che io sono in carriera. Fino a 45 anni non ne voglio neanche sentirne parlare. Se non ti sta bene, quella è la porta! A meno che tu non decida di occupartene a tempo pieno”.

Mi sembra ovvio che questa relazione, per proseguire, richiede che uno dei due vada in ruolo complementare ed accetti le esigenze dell’altro/a. Purtroppo, quando si entra in conflitto su valori così importanti, uno dei due si sentirà “perdente” e ferito/a.

La PNL pone molto l’accento sui valori personali come chiave per creare relazioni empatiche in quanto rappresentano il “carburante” delle nostre azioni. Questi importanti elementi sono il generatore della nostra motivazione.

Quindi, una relazione per funzionare richiede che due persone siamo molto simili?
Direi di no, anzi…due persone quasi uguali alla fine potrebbe annoiarsi perché nessuno dei due potrebbe introdurre novità e cambiamento negli anni. L’arricchimento è molto importante.

Allora, cosa bisogna fare?
La diversità con alcuni fondamentali punti di contatto è uno degli ingredienti per creare una relazione che funzioni. Se due persone hanno alcuni valori diversi ma non contrastanti e altri (importanti) in comune, possono realizzare una situazione di arricchimento e stimolo reciproco.
In questo caso, prevenire è meglio che curare. Infatti, uno dei consigli che mi sento di dare è avviare relazioni sentimentali con persone che hanno queste caratteristiche.
Molti si lasciano trascinare dall’attrazione fisica e dal momento; quando notano grossi elementi contrastanti pensano di poter cambiare l’altra persona o che con il proseguire del rapporto le cose si sistemeranno. In molti casi è vero il contrario perché si crea “l’effetto valanga”: si inizia con un piccolo sasso che poi diventerà un enorme e pericoloso ammasso di neve in caduta libera.

Quando ci si ritrova in una relazione come questa dove ci sono grosse divergenze, cosa bisogna fare?

Una buona soluzione consiste nel mettersi seduti uno di fronte all’altra e cercare dei punti in comune, limare le grosse differenze per venirsi incontro. In questo modo, nessuno dei due si sente “perdente”. Naturalmente un approccio come questo richiede intelligenza, apertura mentale e flessibilità da parte di entrambi. Se mancano questi requisiti, alla fine uno dei due si sentirà “sconfitto” e potrà decidere di:
1) adattarsi all’altra persone per il resto della sua vita
oppure
2) chiudere la relazione.

Certo, qualcuno potrebbe dirmi: “Per amore io mi sacrifico per l’altra persona”. È una scelta soggettiva. Però, se la definizione di amore deve combaciare con “sacrificio”, secondo me c’è qualcosa che non torna. Secondo il mio personale punto di vista, l’amore ha molto a che fare con “l’amare se stessi”. Certo, sacrificarsi per l’altra persona può essere bello, ma se una relazione è basata quasi solo sul masochismo, c’è qualcosa che non suona bene. 

Cosa accade, invece, quando due persone hanno alcuni forti valori in comune, differenze che li arricchiscono e, in seguito, i problemi quotidiani cominciano a minare seriamente la felicità?

Nelle relazioni personali una coppia può incontrare dei situazioni critiche anche se felice.  Stress lavorativo, rapporto “piatto” o diventare genitori (cosa bellissima ma che potrebbe alterare l’equilibrio della coppia) possono creare problematiche che, se non risolte sul nascere, possono trascinarsi a lungo.

La PNL studia tre fenomeni interessanti nell’ambito del Metamodello (linguaggio di precisione):

– la Generalizzazione
– la Cancellazione
– la Deformazione

La Generalizzazione è un fenomeno importante perché ci permette di estendere un apprendimento a tutte le situazioni future simili. Ad esempio, la prima volta che scopro che una porta si apre abbassando la maniglia verso il basso, generalizzo che tutte le porte con una maniglia si aprono in quel modo. Da quel momento in poi, non avrò più bisogno di studiare una porta per aprirla.
Come puoi osservare, si tratta di un meccanismo importante, ma c’è il rovescio della medaglia: se mi trovo davanti una porta che si apre ruotando la maniglia verso l’alto (situazione contraria a tutte le mie esperienze del passato), rischio di incaponirmi cercando di aprirla abbassando la maniglia: “Non funziona, la porta è rotta”. Solo dopo molti tentativi scoprirò come aprirla.

Come possiamo applicare questo meccanismo alle relazioni intime?

Supponiamo che un giorno mia moglie mi stia dicendo una cosa importante e mi distraggo sul più bello non ascoltandola. Lei potrebbe dire:
“Ecco, tu non mi ascolti”.
In seguito questa mia disattenzione si verifica un altro paio di volte. A questo punto potrebbe esclamare:
“Ecco…vedi? Tu non mi ascolti MAI!”.

Questa frase, magari, non è vera perché su dieci volte in cui abbiamo parlato, l’ho ascoltata attentamente sette volte. Però, può partire una Generalizzazione solo sulle tre volte che non le ho prestato attenzione.
Da questa generalizzazione può partire una convinzione che, una volta radicata, si trasformerà in un vero e proprio problema nella coppia. Infatti, potrebbe avviarsi il fenomeno della Cancellazione:
si tratta di un processo importante grazie al quale possiamo ridurre il mondo in “piccole fette” gestibili. Ad esempio, quando siamo ad una festa in cui vi è musica ad alto volume, la gente parla e vogliamo prestare attenzione alle parole del nostro interlocutore, riusciamo a “cancellare” i suoni e le voci attorno a noi per concentrarci sulle parole di chi abbiamo di fronte. Non è possibile fare tutto contemporaneamente per la legge del “7+-2”: possiamo gestire “sette più o meno due pezzi di informazione” per volta. Superato questo limite o dimentichiamo quello che abbiamo sentito o cancelliamo le nuove informazioni in entrata. Anche questo fenomeno è importante come la generalizzazione, ma presenta degli svantaggi: possiamo cancellare segnali di affetto, di stima o di amore.

Ad esempio, supponiamo che mia moglie abbia generalizzato che io non le presto mai attenzione. Su dieci volte in cui abbiamo parlato, sette volte sono stato attento, tre volte sono stato disattento. Grazie alla convinzione (Non mi ascolti MAI) “cancella” le volte in cui sono stato attento nei suoi confronti. Questo processo serve a rafforzare e non contraddire la convinzione che limita il rapporto tra di noi.

 Ma può succedere di peggio: supponiamo che io riesca a farla rendere conto che per ben sette volte le ho prestato molta attenzione. Potrebbe dirmi: “Si, lo hai fatto solo perché dovevi chiedermi qualcosa!”. In pratica, si attiva un processo di “Deformazione” della realtà: si tratta di un fenomeno importante che è strettamente legato all’immaginazione, capacità che ha permesso tutte le realizzazioni artistiche e le invenzioni dell’uomo. È un processo fondamentale in quanto ci permette di anticipare nella nostra mente possibili azioni future. Ad esempio, se dovrò sostenere un colloquio con una persona che non ho mai visto, posso “simulare” l’incontro nella mia mente cercando di anticipare le possibili domande e risposte. Si trasforma in un processo limitante nel momento in cui visualizzo un colloquio che va male in cui l’altra persona mi fa domande difficili; in questo modo tenderò a suggestionarmi negativamente.

Nelle relazioni intime, la Deformazione tende ad alterare e modificare tutti gli eventi e situazioni che vanno a contraddire le convinzioni limitanti. Ad esempio, se mia moglie è convinta che io non le presto attenzione, ogni volta che le farò notare che in passato l’ho fatto, potrebbe rispondermi:
“Mi hai ascoltato solo perché avevi qualcosa da chiedermi” oppure “facevi finta di ascoltarmi”.

Come si può notare, si tratta di “lettura della mente”, ovvero il soggetto tende a leggere le intenzioni dell’altro senza avere un riscontro oggettivo. È un processo per rafforzare il ciclo e non sperimentare situazioni che possono contraddire il modello creato.

 Cosa bisogna fare quando ci si trova in simili situazioni?

 La prima cosa importante da fare è cercare di bloccare le Generalizzazioni sul nascere. Quando senti frasi come:
– “Tu non mi ascolti MAI”
– “Sei SEMPRE assente”
– “Mi lasci SEMPRE da solo/a”
– “Non mi fai MAI un gesto affettuoso” ecc.
è importante far rendere conto l’altra parte che vi sono state esperienze diverse nel passato e che quello che dice non è la realtà.
“Spezzare” sul nascere questo fenomeno è importante per evitare che l’altra parte ripeta spesso queste frasi creando una convinzione.
Quando ci troviamo di fronte a Cancellazioni e Deformazioni è importante far sperimentare all’altra persona esperienze che contraddicano la sua convinzione. Ad esempio, se mia moglie pensa che io non faccio MAI gesti carini, la porterò a cena a lumi di candela, le farò un regalo e la riempirò di attenzioni. All’inizio potrebbe “deformare” la realtà (ad esempio: “Cosa fai? Cerchi di darmi un “contentino”?), ma andrò avanti fino a quando non instillerò un forte dubbio nella sua convinzione, elemento che la depotenzierà.

Infine, vorrei parlare di un altro meccanismo che tende a rovinare un rapporto: parlare di problemi, ansie e sfogare tensioni con la persona amata nei pochi momenti in cui si è insieme. È bello parlare e confidarsi con la nostra metà, ma se passiamo il 90% del nostro tempo con lei ad arrabbiarci (ad esempio) per problemi sul lavoro, ad angustiarci e a scaricare emozioni negative, a lungo andare si crea un “ancoraggio” negativo sulla nostra faccia (o su quella di entrambi). In altre parole, quando vedrà la nostra faccia, inconsciamente proverà emozioni negative. Senza rendercene conto, a lungo andare, non vorrà più vederci perché sentirà sensazioni non piacevoli (e viceversa). Ripeto questo meccanismo si crea solo se passiamo quasi tutto il tempo a parlare con lei di cose frustranti  da un punto di vista emozionale.

È molto importante ricavarsi degli spazi in cui i problemi restano fuori, momenti in cui ci si guarda negli occhi ricordando momenti intensi del passato o provando belle emozioni in situazioni nuove. In questo modo si “ri- ancorano” sensazioni piacevoli.
L’errore più grosso è dare per “scontata” la persona al nostro fianco e che per amore resterà sempre con noi anche se siamo nervosi per motivi esterni o non abbiamo più tanta voglia di uscire fuori casa. È molto importante vivere momenti emozionali significativi con la nostra dolce metà perché questi alimentano il rapporto nel tempo.