Enneagramma e le Ali

Il presente articolo mette in evidenza l’argomento correlato alle Ali. In questa sede è possibile comprenderne meglio il meccanismo attraverso la lettura della semplice tabella sottostante. Naturalmente si tratta di una griglia sintetica in quanto il presente argomento è oggetto di ampliamenti durante i corsi avanzati di Enneagramma. è possibile approfondire l’argomento nella mia pubblicazione “Migliora le tue relazioni con l’Enneagramma e la PNL – Edizione Essere Felici”.

TIPO

ALI

Uno

Uno ala Nove

Più distaccato, super partes, più obiettivo e ha valori prioritari come giustizia e verità.

Uno ala Due

Più affabile e centrato sui rapporti, più tollerante, generoso e disponibile.

Due

Due ala Uno

L’altruismo è ispirato a principi morali, leggermente più obiettivo, leale e meno manipolativo.

Due ala Tre

Tende ad essere affascinante, cordiale e socievole, più manipolativo e centrato sull’immagine esterna.

Tre

Tre ala Due

Ama essere al centro dell’attenzione, più competitivo e amante del successo relazionale

Tre ala Quattro

Tipologia poco comune, combattuta tra voglia di successo e profondità interiore.

Quattro

Quattro ala Tre

Meno introverso, più socievole, più pratico e ambizioso. Cura l’immagine esterna.

Quattro ala Cinque

Più introverso, intellettuale, meno socievole e poco abile nelle relazioni.

Cinque

Cinque ala Quattro

Razionalità e sensibilità si fondono dando vita a persone geniali ed intuitive.

Cinque ala Sei

Distaccato, diffidente, tendenzialmente freddo, non ama socializzare.

Sei

Sei ala Cinque

Cinico, focalizza maggiormente la sua attenzione sulle azioni future dei suoi interlocutori.

Sei ala Sette

Meno diffidente, più brioso e più socievole rispetto all’altro tipo.

Sette

Sette ala Sei

Più arguto e prudente rispetto all’altro tipo, particolarmente attento alle persone che lo circondano.

Sette ala Otto

Aggressivo, esuberante, energico, dotato di molta energia, predilige la leadership.

Otto

Otto ala Sette

Assertivo, ama il centro dell’attenzione, ama il potere ma meno legato al benessere altrui.

Otto ala Nove

Usa il potere in maniera positiva più ecologica, è più rispettoso e gentile.

Nove

Nove ala Otto

Leggermente più impegnato ed energico rispetto al Nove ala Uno, aggressivo se il gruppo è in pericolo.

Nove ala Uno

Armonia ed etica si fondono creando una personalità imparziale. Non è quasi mai aggressivo.

Enneagramma e PNL

Come è possibile creare empatia grazie all’Enneagramma? Questo ultimo è un sistema antichissimo che permette una equilibrata crescita spirituale. Ad esempio, grazie alla comprensione della propria tipologia è possibile individuare la propria compulsione evitando di ricadere nelle dinamiche che ci allontanano dalla nostra Essenza.  Le fasi di Stress e Riposo sono inoltre un’utile guida per comprendere la direzione da seguire per evitare di estremizzare la compulsione (Stress) e quale strada imboccare per integrarsi (Riposo).

In questa sede ci limiteremo solo ad una sua applicazione relativa alla comunicazione efficace: individuare la tipologia del nostro interlocutore per adottare il comportamento più idoneo per creare empatia.Per comprendere come questo sia possibile dobbiamo considerare alcuni concetti basilari della PNL. Per creare empatia è fondamentale condividere Credenze, Criteri e Valori. Questi sono i pilastri attorno ai quali ruotano i nostri comportamenti e che definiscono la nostra mappa del mondo.

Conoscere e condividere questi elementi permette di creare empatia. Pensate un attimo a tutte quelle volte che avete incontrato qualcuno che ha condiviso sinceramente i vostri valori, le vostre credenze e i vostri criteri. Come vi siete sentiti? E come avete percepito questa persona? Sicuramente si è creata empatia e fiducia nei suoi confronti perché ricalcava quasi perfettamente la vostra visione del mondo e sentivate di poter parlare con qualcuno che in qualche modo era in grado di comprendervi. Questo è il segreto per andare d’accordo con chiunque, anche con le persone più difficili.

Ma come è possibile comprendere questi elementi e in seguito condividerli? La PNL fornisce una serie di strumenti efficaci per individuare Criteri e Valori del vostro interlocutore grazie a delle domande mirate:
“Cosa è importante per te? Cosa ti spinge ad alzarti ogni mattina dal letto? In cosa credi?”.
A volte non è necessario sottoporlo a queste domande in quanto, grazie ad un buon ascolto attivo, potete comprendere questi elementi durate la conversazione.

È possibile fare qualche passo in più grazie a l’Enneagramma: descrive nove tipologie dove ognuna possiede determinati criteri e valori. In altre parole è possibile sapere in tempo reale come il mio interlocutore percepisce la realtà che lo circonda, in cosa crede, cosa gli piace e cosa odia. Conoscere questi elementi ci permette di modificare il nostro atteggiamento affinché sia possibile creare empatia con chi abbiamo di fronte.

Come bisogna procedere? Durante questi anni ho notato una serie di elementi interessanti: durante la pratica con la gente, quando raccontavo il loro tipo di personalità, rimanevano affascinati e si creava un forte legame; questo si verificava in quanto ricalcavo criteri, valori e credenze.
Ma bisogna essere anche molto attenti: alcune persone possono sentirsi violate quando raccontate aspetti intimi del loro essere; al primo segnale di chiusura è meglio sospendere. La tecnica per stabilire Rapport con l’Enneagramma si divide in due fasi:

1) ricalco su criteri, credenze e comportamenti;
2) assunzione di un ruolo comportamentale complementare.

Ogni figura dell’Enneagramma è stimolata da un’altra in quanto una è il complemento dell’altra.
Ad esempio, prendiamo in considerazione il tipo 7 (Artista): è fondamentale rispettare il valore della “libertà” evitando di esercitare pressioni su di lui o di farlo sentire controllato. Molti penseranno: ma chi non ama la libertà? Per il tipo Sette la situazione è diversa: non accetta compromessi che possano limitarlo, preferisce perdere una persona amata piuttosto che vivere senza la possibilità di sperimentare la vita. Invece, altre tipologie dell’Enneagramma possono scendere a patti: ad esempio, un Tipo Tre (Manager) può sopportare limitazioni alla libertà d’azione in cambio di successo sociale.

Rispettare la sua libertà significa anche evitare di essere troppo opprimenti nel ricercarlo: evitate di chiamarlo ogni giorno, di insistere per vederlo se tende a negarsi.
Con il Tipo Sette è fondamentale sintonizzarsi sulla sua allegria: ama circondarsi di persone gioiose e che amano divertirsi. Questo non vuole dire che non si relaziona con un amico che ha bisogno di sfogarsi. ma se ogni giorno questa persona tende ad essere sempre triste, il Tipo Sette cercherà di evitarlo. Bisogna sempre rammentare che questa tipologia tende ad evitare situazioni che evocano sofferenza.

Un altro accorgimento consiste nel porsi in “ruolo down” nella comunicazione in quanto predilige il ruolo attivo. Inoltre, non limitate il suo carisma: tende a porsi al centro dell’attenzione e non ama essere bloccato con giudizi negativi.
Per quanto riguarda il ruolo comportamentale da assumere, l’Artista è una tipologia che ama ricevere ed essere compiaciuta. Tende ad allontanare le persone intolleranti o che cercano di controllarlo. Nell’Enneagramma esiste una tipologia che risponde a queste esigenze: il Tipo Due (Altruista). Infatti, tende ad essere molto tollerante, a compiacere, a non esercitare controlli direttamente. La sua compulsione a “fare per l’altro” tende ad aumentare se la persona con cui si relaziona tende a negarsi. Questo è un comportamento che il Tipo Sette può mettere in atto nel momento in cui desidera rivendicare la sua libertà. Tra queste tipologie si potrebbe creare un’alchimia di coppia estremamente forte: da un lato il Sette tende a sentirsi attratto dal Tipo Due; questo ultimo cade nella spirale del compiacere in quanto non riesce mai completamente a conquistare l’Artista. Chiaramente si tratta di dinamiche relative alle compulsioni; infatti, persone che lavorano su di sé tendono a sfuggire a queste logiche.

Comunicazione non Verbale interattiva

La comunicazione non verbale non è solo uno strumento per “leggere negli altri” oltre le parole ma anche un potente mezzo di interazione per creare empatia (o anche mismatching). Quello che facciamo con il nostro corpo ha molta più influenza di quanto possiamo immaginare. Ad esempio, la gestione degli spazi (Prossemica) è fondamentale per evitare di mandare in tensione il nostro interlocutore. Alcuni individui hanno una modalità comunicativa un po’ invasiva: tendono ad avvicinarsi troppo e a toccare chi hanno di fronte (Digitale).

Se il suo interlocutore esprime segnali di rifiuto (ad esempio, indietreggia leggermente o esprime scarichi tensionali), è importante ripristinare la “zona neutra” (generalmente di un metro e mezzo circa). Infatti, tendiamo ad annullare le distanze con persone che sono in rapporto intimo e/o confidenziale con noi. Quindi, come è possibile superare questa distanza con una persona appena conosciuta? In alcuni corsi di vendita spesso insegnano che con il cliente (appena conosciuto) bisogna rafforzare la stretta di mano toccando con l’altra l’avambraccio dell’interlocutore. Non posso condividere fino in fondo questo insegnamento: il canale della Digitale (ovvero toccare se stessi o gli altri) è una delle vie più potenti in quanto coinvolge la sfera affettiva.

Quando tocchiamo qualcuno tendiamo ad esercitare un ruolo con implicazioni affettive e questo non sempre è possibile farlo, soprattutto con sconosciuti. È importante tarare il proprio comportamento in base al feedback: se chi ho di fronte vuole mantenere una distanza di un metro / un metro e mezzo, come posso pensare di poterlo toccare (anche solo con una pacca sulla spalla)? È pur vero che ci sono individui che hanno una modalità comunicativa cenestesica: questo atteggiamento può essere letto positivamente (quando non è costruito) in quanto vorrebbero entrare in empatia con noi.

Bisogna sempre tenere a mente che noi siamo responsabili al 100% dell’esito della comunicazione, sia positivamente che negativamente. Quindi, una gestione consapevole della gestualità, della prossemica e di alcuni segnali, può permetterci di migliorare (o peggiorare) la qualità della relazione. Ad esempio, comunicare tenendo le braccia conserte potrebbe provocare due effetti negativi:

1. esprimiamo chiusura a livello non verbale
2. limitiamo l’efficacia della nostra comunicazione

Il primo punto è semplice da comprendere in quanto le braccia conserte sono un segnale di rifiuto espresso quando viene trattato un argomento che desideriamo non toccare. A questo proposito bisogna aggiungere che il segnale acquista valore solo quando viene espresso su una determinata parola e/o argomento. In altre parole, se il mio interlocutore è già in chiusura, non necessariamente significa che il segnale è rivolto nei miei confronti. Invece, se è in apertura e (ad esempio) parlando di lavoro esprime il segnale di chiusura, vuol dire che c’è qualcosa che gli crea fastidio in relazione al lavoro.
Quindi, quando interagiamo con gli altri e vogliamo comunicare apertura, dovremmo evitare di farlo con le braccia conserte.

Il secondo punto (limitare l’efficacia della nostra comunicazione) si riferisce alla duplice via che la comunicazione segue: parola (logica) e gestualità/tono e ritmo di voce (parte emotiva). Quando interagiamo con gli altri non solo parliamo ma gesticoliamo, andiamo avanti e indietro rendendo molto più incisiva la comunicazione. Ad esempio, una cosa è dire :”Tavolo” tenendo le braccia ferme o conserte: un’altra è dire “Tavolo” raffigurando la superficie piana con il movimento delle mani. In questo ultimo caso il messaggio è molto più incisivo in quanto segue la duplice via.

Quindi, i segnali di rifiuto e chiusura hanno il potere di limitare la nostra efficacia come comunicatori. Ma è vero anche il contrario: i segnali di gradimento ed empatia tendono ad influenzare positivamente chi abbiamo di fronte: la sua parte emotiva li legge aprendosi nei nostri confronti riconoscendoci come persone “empatiche”. I segnali di apertura e disponibilità espressi volutamente possono predisporre positivamente chi abbiamo di fronte. La tecnica del Rispecchiamento rappresenta un utilizzo interattivo della comunicazione non verbale per entrare in empatia.

Concludendo, non dobbiamo lamentarci degli scarsi esiti se durante un’interazione esprimiamo segnali di scarico tensionale, chiusura o rifiuto (ad esempio, tamburellare con le dita sulla scrivania, braccia conserte, battere nervosamente il piede per terra ecc.). Paradossalmente siamo molti più efficaci quando siamo sciolti e spontanei.

Fisica o Misticismo? Le nuove teorie della Meccanica Quantistica

Di Vincenzo Fanelli

Tratto da “Nea Agorà” dicembre 2002/gennaio 2003 – anno VIII nn.4/02 – 1/03

 

Per anni l’uomo si è spinto verso le esplorazioni spaziali alla ricerca di nuove meraviglie nella speranza di comprendere meglio la natura dell’universo che lo circonda. In seguito, ha scoperto che sotto i suoi occhi esiste un mondo inesplorato e che contiene tutte le risposte di cui ha bisogno: il mondo subatomico. La realtà che ci circonda è governata da leggi empiriche abbondantemente studiate da Isac Newton e che costituiscono la fisica attraverso cui si esplora e si misura il mondo. Ad esempio, se si lasciano cadere dei massi da una montagna, è possibile calcolarne la velocità ed i tempi di rotolamento. Per la fisica classica tutto deve essere misurabile e prevedibile.

 

Grazie ad essa è stato possibile mandare l’uomo sulla Luna. Con questi strumenti i fisici si accingevano ad esplorare il mondo dell’infinitamente piccolo senza sapere che tutte le loro nozioni sarebbero state improvvisamente stravolte. La curiosità di conoscere la costituzione del “primo mattone” della materia li ha spinti in un luogo dove le leggi della fisica newtoniana sono inservibili. La natura dei “mattoni” della materia che costituisce la realtà che ci circonda smentirono le aspettative dei ricercatori i quali pensavo di trovare piccoli ma solidi elementi; invece, trovarono impalpabili onde di energia. La solida materia che ci circonda è organizzata da onde energetiche che, come le onde radio, non possono essere individuate precisamente nello spazio in quanto presenti ovunque.

 

Ad esempio, la penna sulla nostra scrivania può essere individuata nello spazio, mentre le onde radio della stazione che ascoltiamo non possono essere individuate con precisione in quanto sono presenti ovunque. Le sorprese per i fisici non erano finite in quanto le onde di energia sono in grado di divenire anche solide particelle. Si scontrarono con un paradosso della natura difficilmente spiegabile con la logica: come può esistere qualcosa che è impalpabile ma che allo stesso tempo è tangibile? Questo paradosso emerse grazie a due fisici che dimostrarono separatamente che la luce può essere sia un onda che una particella: Thomas Young e Albert Einstein

 

Nel lontano 1803 Thomas Young eseguì un esperimento per accertare la natura della luce. Un fascio di luce solare passava attraverso un foro; davanti a questo foro vi era un pannello con due fenditure verticali che potevano essere coperte con un stoffa; infine, dietro al pannello con le due fenditure vi era un muro su quale poteva riflettersi la luce proveniente dalle aperture. Quando una delle due fenditure verticali veniva scoperta, il muro si illuminava con la luce solare in un determinato punto. In seguito, scoprì anche la seconda fenditura; sul muro vi doveva essere la somma della luce proveniente dalle due aperture. Invece, le cose andarono diversamente: sulla parete si proiettarono una serie di strisce alternate chiare e scure e la luce non appare nello stesso punto di quando era aperta solo una fenditura. Questo era dovuto ad un fenomeno di interferenza della meccanica ondulatoria. Le onde di luce passando dalle due fenditure interferiscono e in alcuni punti si rafforzano (strisce chiare) in altri si annullano (strisce scure). Questo esperimento dimostrò che la luce è composta da onde.

 

Ma Einstein e Plank misero in evidenza la natura corpuscolare della luce in quanto agiva sulla materia come particella.. Ci troviamo nuovamente di fronte al dualismo onde-particelle, qualcosa che è può essere individuato in un punto dello spazio ma che allo stesso tempo non lo è. La meccanica quantistica ci dice che le due verità possono coesistere e che nessuna esclude l’altra. Se noi rifacciamo l’esperimento considerandolo in termini di particelle (fotoni), ci troviamo di fronte ad un altro enigma; quando è aperta una sola fenditura, la particella viene sparata e colpisce il muro in un determinato punto, lo stesso punto che invece sarà scuro se apriamo anche la seconda fenditura. Le domande che sorgono sfidano la logica:

 

Come fa la particella a sapere che deve colpire proprio quel determinato che invece sarà scuro quando l’altra fenditura sarà aperta e che ci sono due aperture? E le informazioni come fanno a circolare così velocemente?

 

Il fisico E. H. Walker esprime un’ipotesi suggestiva: i fotoni possiedono un livello di coscienza, dato per che coscienza si intende qualcosa che sia in grado di elaborare informazioni ed agire di conseguenza. E nell’esperimento di Young accade proprio questo: i fotoni sono a conoscenza del fatto che una o entrambe le fenditure sono aperte e si regolano di conseguenza. Un’altra deduzione molto forte è la seguente: l’universo è costituito da schemi di energia consci.
Il dualismo onde-particelle sembrava un incredibile “koan zen” proposto dalla natura per spingere l’uomo ad elevarsi verso una nuova visione della realtà.
Cominciava a prendere piede una nuova fisica (Fisica Quantistica) che, contrariamente a quella classica, afferma l’impossibilità di prevedere con certezza alcuni fenomeni a livello subatomico.

 

Albert Einstein non era d’accordo e cercò in tutti i modi di screditarla basandosi sul fatto che la Fisica Quantistica mostra alcuni fenomeni il cui funzionamento non può essere spiegato razionalmente. In altre parole non svela ciò che avviene dietro il sipario calato del palcoscenico. Nel 1935 pubblicò un esperimento svolto con altri ricercatori, Rosen e Podolski (conosciuto come l’effetto “Einstein-Podolsky-Rosen”), nella speranza di mettere in evidenza le lacune delle nuove teorie.
Due particelle venivano lanciate in direzioni opposte. La particella A, durante il suo tragitto incontra una carica magnetica che ne devia la direzione verso l’alto. Cosa succede alla particella B che segue il suo tragitto senza incontrare elementi che ne deviano la direzione? In teoria dovrebbe continuare la sua traiettoria in linea retta; invece, la natura rispose con un altro paradosso non spiegabile: la particella B deviava la direzione assumendo un moto contrario alla sua gemella. In altre parole deviava la sua direzione verso il basso.

 

Se la particella A, grazie al magnete, deviava la sua direzione verso destra, la particella B si dirigeva verso sinistra. Quello che accade nella zona A influenza l’area B. Questo esperimento dimostra che:
1. le particelle sono in grado di comunicare tra di loro trasmettendo ed elaborando informazioni.
2. la comunicazione è istantanea.

 

Questo ultimo punto fu pienamente dimostrato nel 1982 grazie a Alain Aspect, fisico dell’Istituto di Ottica dell’Università di Parigi a Orsay (Francia), che eseguì un esperimento simile al precedente, ma i cambi di regolazione potevano essere fatti all’ultimo microsecondo; questo permetteva di essere certi che le informazioni, se viaggiano alla velocità della luce, non potessero essere scambiate tra le particelle. Ma la natura rispose ancora una volta: le particelle comunicavano ugualmente.
La comunicazione istantanea poteva significare che la velocità della luce poteva essere infranta, fatto non accettato da Einstein e da buona parte dei fisici. L’effetto “Einstein-Podolsky-Eosen” voleva dimostrare come le teorie della nuova fisica non erano in grado di spiegare il funzionamento di alcuni meccanismi.
Ma l’effetto fu contrario alle aspettative: i ricercatori, accettando il presupposto che la velocità della luce non può essere infranta, elaborarono una teoria secondo la quale esiste un sistema di comunicazione diverso da quello che noi conosciamo, una comunicazione di tipo non locale. I fenomeni quantistici dimostrano che le informazioni circolano con sistemi che vanno al di là della nostra comprensione classica. Una logica deduzione di quanto appena esposto è la seguente: non esiste alcuna separatezza nell’universo. E questo apre le porte alla spiegazione di alcuni fenomeni poco presi in considerazione della scienza come la telepatia, fenomeno istantaneo. Il fatto più divertente è che la fisica quantistica fornisce uno strumento matematico per comprovare l’esistenza di fenomeni telepatici, manifestazioni rigettate dai fisici ma con cui sono costretti a scontrarsi.

 

Ma qual è la natura della realtà? Noi siamo abituati a vedere e concepire quello che è attorno a noi in tre dimensioni: lunghezza, altezza, larghezza e tutto si svolge in un contesto scandito dal tempo.
La meccanica quantistica afferma altro. Per farvi comprendere il suo funzionamento ricorrerò ad un semplice esperimento. Supponiamo che io sia seduto ad una scrivania e di fronte a me vi sia un interruttore collegato a due lampadine. Quando schiaccio l’interruttore una delle due si accenderà ma non posso sapere in anticipo quale lampadina, dato che l’interruttore è aleatorio: vi sono il 50% delle probabilità che si accenda la lampadina A o la B. In questo esperimento vi sono un osservatore (io) e il sistema osservato (interruttore e lampade).

 

Le due possibilità sono racchiusa nella funzione d’onda, una elaborazione matematica che ci dice quello che potrebbe accadere (e non una certezza come nella fisica classica); la funzione d’onda dell’esperimento in questione contiene due possibilità (si accende la lampadina A o la B), ma quando aziono l’interruttore e si accende, ad esempio, la lampadine B, la funzione d’onda muta in quanto la possibilità della lampadina A cessa di esistere. Questo fenomeno si chiama collasso della funzione d’onda: svaniscono tutte le possibilità tranne quella che si è concretizzata. Prima che io (osservatore) accerti che la lampadina B è accesa, vi è una potenzialità poliedrica di sviluppo della funzione d’onda. Quando osservo cosa accade vi è un passaggio da tante possibilità ad una dando luogo al salto quantico (passaggio da più probabilità ad una). Quindi, nell’esperimento delle due lampade non vi sono tre dimensioni, ma sei (tre per ciascuna lampadina); se le lampade sono quattro, le dimensioni sono 12. Ma la domanda che sorge è:
quando si verifica il passaggio da un sistema pluridimensionale ad uno tridimensionale (compatibile con la nostra esperienza), in quale momento collassa la funzione d’onda? Quando tutte le possibilità svaniscono tranne una?

 

 

Secondo la meccanica quantistica questo avviene quando l’osservatore guarda e/o studia il sistema osservato. In altre parole, la coscienza umana ha la capacità di determinare il salto quantico. Supponiamo di fare l’esperimento in maniera automatica: io non entro nella stanza e il bottone che accende le lampade scatta automaticamente dopo un minuto. Quindi all’interno della stanza, dopo un minuto, una lampada si sarà accesa e per accertamene devo entrare e guardare. La meccanica quantistica afferma che prima di quel preciso momento non esisteva nessuna lampada accesa: la mia osservazione, la mia coscienza ha determinato un salto quantico facendo emergere una delle due realtà.

 

David Bohm, professore di fisica al Birbeck College, Università di Londra, afferma che la Fisica Quantistica ci propone un nuovo strumento di pensiero e di interpretazione della realtà dove non esistono parti separate dell’universo in quanto connesse ad un livello profondo privo di discontinuità.
Ma se tutto è collegato e non esiste separazione, come mai sono seduto su una sedia solida e la materia mi appare nettamente separata?
Tutto ciò che ci circonda è energia che assume determinate forme in base alla diversa velocità di vibrazione. È come vedere un onda nel mare: ci sembra un’entità ben distinta ma è il mare che acquisisce quella determinata forma.

 

David Bohm, ha dedotto che la realtà non è oggettiva ma soggettiva, l’universo e la materia per come noi la conosciamo non è altro che una grande illusione creata dai cinque sensi, un grande e dettagliato ologramma. Cos’è un ologramma? Si tratta di una foto a tre dimensioni.. Qual è la differenza tra un foto normale e un ologramma, a prescindere dalle tre dimensioni? Se fotografo una persona con una normale macchina, taglio in due la foto e distruggo una delle due parti, la metà restante non può permettermi di ricostruire la metà scomparsa. In una foto olografica, invece, la metà superstite contiene dentro di sé le informazioni per ricostruire la metà mancante, come se al suo interno vi fosse tutta la persona. A convalidare questo fenomeno vi è un altro fatto interessante: in una foto normale se voglio ritoccare un’imperfezione, non incontro nessuna difficoltà; in un ologramma sono costretto trasformare radicalmente tutto l’oggetto in quanto in ogni parte dell’ologramma è contenuta l’informazione del difetto che voglio correggere. Ogni parte dell’ologramma contiene tutte le informazioni dell’intero soggetto.

 

Solo paragonando l’universo ad un ologramma possiamo spiegare il legame non locale delle particelle in grado di comunicare istantaneamente, dove la separatezza delle particelle non è altro che pura illusione. David Bohm ci dice utilizzare un nuovo strumento di pensiero per comprendere la realtà, metodo già esistente. Per oltre 2000 anni alcune persone si sono impegnate per svilupparlo grazie all’introspezione e agli studi psicologici: le filosofie e le religioni orientali.

 

Sembra che quando i ricercatori si spingono a sondare la natura ad un livello molto profondo, si scontrano con paradossi non spiegabili da un punto di vista razionale. La natura illusoria della realtà sembra affermare che siamo tutti intimamente collegati; ad esempio, un ragazzo che beve un bicchiere d’acqua in Italia è profondamente collegato ad un altro in Cina che sonnecchia sotto un albero. Questa affermazione non sembra poi così innovativa se prendiamo in considerazione ciò i mistici affermano da tempo: la realtà è un’illusione e siamo tutti connessi. Ogni elemento sembra essere organizzato da un elemento superiore.

 

Concludendo, esaminiamo cosa affermano le nuove teorie:
1. la materia è costituita da onde di energia
2. questi schemi di energia sono consci
3. la coscienza dell’uomo potrebbe essere in grado di far collassare le funzioni d’onda ed influire sulla realtà
4. nell’universo non esiste alcune separazione ma tutto è profondamente connesso
5. la realtà è diversa da come ci appare perché siamo limitati da filtri percettivi e cognitivi
6. la realtà è un illusione (dato che ne percepiamo una minima parte)

 

 

Se prendiamo per buona la concezione olografica dell’universo, il tempo e lo spazio diventano relativi, il passato il presente e il futuro coesistono e ogni concetto di separazione è un artifizio creato dall’uomo in antitesi con la vera natura della realtà. La realtà illusoria sembra essere in attesa di un nostro intervento per poter essere modificata. Solo pochissimi individui riescono a farlo perché la maggioranza ha un forte vincolo creato dalle convinzioni profonde sulla natura separata e razionale dell’universo.

 

Chiunque nella sua vita, anche solo per una volta, si è imbattuto in qualcosa che sfugge alle normali leggi della logica. Molti hanno preferito non vederla; altri si sono svegliati ed hanno cominciato a sviluppare capacità e potenzialità non comuni. Il fatto interessante è che tutti possono farlo, basta esserne convinti. Chiunque abbia imboccato questo sentiero sa che è possibile divenire responsabili della propria vita.

 

Le fonti dell’articolo derivano dai seguenti testi

 

Il Tao della Fisica

F. Capra

 

La danza del

Maestri Wu Li

G. Zukav

     
Il Tao della fisica   La danza dei maestri Wu Li      

Sleight of Mouth e PNL

Gli sleight of mouth sono schemi linguistici il cui scopo è spostare il su un altro livello l’attenzione del proprio interlocutore e/o ampliare la sua mappa del mondo in merito ad un obiezione.  Sono stati formulati nel 1980 da Robert Dilts (uno tra i più importanti Trainer in PNL sul panorama internazionale) e si basa sul modellamento di figure importanti come Ghandy, Gesù, Milton Erickson tanti altri.

Per il modellamento vi rimando alla lettura del precedente articolo “Il modellamento e l’arte dell’eccellenza”. Il perno su cui si basano è il reincornciamento delle convinzioni e della mappa mentale di chi formula una determinata frase.  Gli schemi sono 14 ma in questa sede ne esamineremo solo 3 per comprenderne il funzionamento: Intento riguardo a, Conseguenze e Analogia. . Supponiamo che io chieda al mio capo un aumento di stipendio e che lui mi risponda: “No, non te lo concedo, è troppo!”. Un primo schema che posso utilizzare è “Intento riguardo a”: Questo schema linguistico ha l’obiettivo di far porre l’attenzione dell’interlocutore sull’intento positivo del nostro comportamento: “Non ti concedo l’aumento, è troppo!”.  “La mia intenzione non è chiedere aumenti ma essere valorizzato”.  In pratica si cerca di far spostare la sua intenzione sul fatto che si vuol essere valorizzati e non chiedere un aumento fine a se stesso.Oppure, supponiamo che io muova una critica verso una persona e mi senta rispondere:  

“Tu mi dici cose cattive!”

Applicando sempre “Intento riguardo a” posso rispondere:  “La mia intenzione non è quella di essere cattivo ma di essere sincero”.  Esaminiamo un altro schema: Conseguenze. Questo schema ha l’obiettivo di far dirigere l’attenzione su un effetto (positivo o negativo) della credenza del nostro interlocutore, Riprendiamo l’esempio di prima in merito all’aumento: “Non ti concedo l’aumento, è troppo!”. “Darmi l’aumento significa riconoscere il mio valore, non farlo significa che qui non sono apprezzato”.  Come si può vedere, si enfatizza la conseguenza negativa che si crea dalla credenza generante l’obiezione. Esaminiamo l’altro esempio:  “Tu mi dici cose cattive”. “Non dirti queste cose significa essere cattivo con te”.  Il messaggio in altre parole è: sono cattivo se non ti dico queste cose.  

Esaminiamo un altro schema sempre utilizzando gli esempi di sopra: Analogia.

In questo schema si lavora trovando una relazione analoga in grado di spezzare la credenza relativa all’obiezione.  “Non ti concedo l’aumento, è troppo!”. “Aumentare il mio stipendio è come un investimento su un auto con cui si desidera fare in tutta sicurezza migliaia di chilometri”.   “Tu mi dici cose cattive” “Quando vai dal dentista e ti toglie un dente cariato, è cattivo o ti sta salvando i denti?”   In questo schema si lavora ricercando delle analogie utili per spezzare la credenza. Ad esempio, supponiamo che il mio interlocutore mi dica: “Io non cambierò mai, io sono fatto così!”. “Anche i dinosauri non sono cambiati e non si sono adattati e alla fine si sono estinti! Vuoi fare la stessa fine?”. Si può notare anche che alcuni Sleight of Mouth possono essere più adatti di altri per ristrutturare le obiezioni e che bisogna padroneggiarli tutti per capire quale può essere il più indicato in base alle circostanze. Possono essere applicati in tutti gli ambiti in cui vi è una comunicazione: aree professionali, personali e terapeutiche.  

PNL e Metafore

Oltre all’approccio logico nella comunicazione è possibile usarne un altro che mira direttamente all’emisfero destro: la metafora. Molto usata nell’ambito della PNL (Programmazione Nuerolinguistica), permette di: inglobare più mappe e creare i presupposti per nuove connessioni.Grazie alla metafora è possibile superare i limiti del linguaggio logico e ponendoci ad un meta-livello. Una buona metafora può condurre gli individui a rendersi consapevoli di legami a cui non avevano pensato rendendosi parte attiva di un processo di apprendimento creativo. Con questo strumento è possibile creare stati diversi:  curiosità,  motivazione o fiducia. Il racconto, se è vago, permette alle persone di accedere ed utilizzare le proprie risorse.

Sin da piccoli abbiamo sentito storielle: Capuccetto Rosso, Biancaneve, Cenerentola, Re Artùe tante altre. Alcune ci hanno insegnato a non fidarci degli sconosciuti, altre che il bene vince sul male, altre ancora ci hanno mostrato la lealtà. La potenza delle storie è che sono molto più efficaci di un discorso lungo e strutturato. Ad esempio, per far comprendere in aula il potere delle convinzioni potrei fare mezza giornata di docenza spiegando come si formano, perché influenzano i nostri comportamenti e come sono strutturate fisicamente a livello neurologico. Alla fine della lezione, probabilmente, i miei allievi avranno capito la nozione di “convinzione” ma non posso essere sicuro che la abbiano appresa ad un livello più profondo. Per raggiungere questo scopo, prima della lezione, potrei leggere una breve storia:  

C’era una volta un generale che doveva fronteggiare un esercito 10 volte più numeroso del suo. Sapeva che i suoi soldati potevano farcela perché erano più addestrati ma non ne erano convinti. Durante la marcia si fermò in un tempio: “entro nel tempio a meditare, quando uscirò lancerò una moneta: se esce testa vinceremo, se esce croce perderemo”. Quando uscì dal tempio lanciò la moneta e venne testa. I suoi uomini erano così entusiasti che non vedevano l’ora di iniziare la battaglia. Alla fine vinsero. “Nessuno può sconfiggere il destino” disse un subalterno al suo generale. “E’ proprio vero” rispose il generale mostrando una moneta con la testa su entrambe le facce. (storia tratta da “101 storie Zen”) 

Questa storiella spiega in pochi passi il potere delle convinzioni andando al di là della comunicazione meramente logica.  In PNL le metafore sono uno strumento di comunicazione molto importante per aiutare il cliente a recuperare risorse e a renderlo consapevole di strategie che possono collegarlo con il risultato desiderato. Inoltre, la loro applicazione è molto efficace in aula: spesso si raccontano storielle divertenti (anche relative a situazioni passate) che aiutano nell’apprendimento.  Esaminiamo alcuni passi importanti per la costruzione delle metafore:  

1) Buona formazione: la metafora deve avere un obiettivo raggiungibile. Non è possibile costruire racconti che abbiano risultati che non seguono le regole della buona formazione.  

2) Isoformismo: gli individui descritti devono essere equivalenti (isomorfi). Ad esempio se si desidera rappresentare una situazione famigliare in una metafora che narra di un’avventura in mare.Padre: comandanteMadre: ufficiale in secondaFiglio: mozzo 

3) Risultato: può dipendere da intuizioni personali ma il più delle volte il cliente sa quel’è la soluzione giusta per lui. Purtroppo gli manca l’anello di congiunzione per arrivarci. Dato che è nel problema, non riesce a vedere la situazione da un punto di vista più ampio, risultato che si riesce a raggiungere grazie alla metafora. Per ottenere il risultato è fondamentale la strategia di collegamento. Non si può semplicemente saltare dal problema alla soluzione.  

Oltre le storielle, nel linguaggio comune, si usa una comunicazione metaforica che tende ad essere molto più incisiva rispetto ad argomentazioni logiche. Ad esempio, il capo di un team aziendale potrebbe dire: “La nostra squadra non ha difesa, tu e Giorgio dovete marcare a uomo quelli della ditta X”. Si tratta di metafore calcistiche che, soprattutto in Italia, hanno una forte presa. 

Un’ultima avvertenza: le metafore generalmente non si commentano mai dopo averle raccontate proprio perché mirano alla parte profonda e non a quella logica. Infatti, se la parte logica viene informata (spiegando dettagliatamente il significato del racconto) si corre il rischio che si ponga reattiva ritardando o bloccando il risultato desiderato.

Coaching e PNL

Da un po’ di tempo si sente parlare di Coaching, un termine che ha molta presa in Italia. Ma di cosa si tratta?

Il termine coaching proviene dall’ambito sportivo: il coach guida e aiuta lo sportivo a raggiungere il risultato desiderato attraverso l’addestramento, l’incoraggiamento e la motivazione. Lo sprona a superare i suoi limiti e attingere alle sue risorse per migliorare le performance. Si occupa di creare un ambiente idoneo allo scopo, a far modificare i comportamenti sbagliati, ad ampliare le sue capacità attraverso l’addestramento, a potenziare le sue convinzioni e ad accrescere le sue qualità del Sé. Questa descrizione ritrae un buon coach ma naturalmente non tutti rispettano questi punti.

 

Cosa c’entra il coach con la PNL e può essere applicato in ambiti diversi da quelli sportivi?


La risposta a quest’ultima domanda è senz’altro positiva e la PNL ha molto a che fare con il coaching in quanto questo indica un processo attraverso il quale il Coach aiuta gli individui a raggiungere il massimo delle loro capacità (questa descrizione rispecchia pienamente lo spirito della Programmazione Neurolinguistica). Le sue applicazioni sono vaste in quanto ben si adatta sia al privato che desidera raggiungere determinati obiettivi personali (relazionali, professionali ecc.), sia alle aziende (coaching situazionale, project coaching e coaching di transizione).

Essendo un piennellista mi è sembrato subito evidente che la PNL ben si adatta al coaching in quanto possiede tutti gli strumenti per guidare una persona a superare i propri limiti, comprendere se gli obiettivi sono raggiungibili e a raggiungerli. Infatti, da qualche tempo molti Trainer in PNL hanno adattato le loro metodiche al coaching rendendolo più efficace nei risultati.

Il primo passo che un buon Coach deve compiere consiste nel entrare in sintonia con il suo cliente: questo è raggiungibile grazie a diverse tecniche derivanti dalla PNL come il rispecchiamento, rapport su Valori e credenze, rapport assertivo e verbale. Per approfondire questi argomenti vi rimando alla lettura di precedenti articoli: “Empatia e Rispecchiamento” e “Rapport su Valori e Credenze“. Grazie all’empatia è possibile comunicare ad un livello più profondo e il Coach stesso è in grado di comprendere meglio chi ha di fronte in quanto si “mette nei suoi panni”. Solo in questo modo è possibile individuare realmente lo stato problematico del cliente e come è possibile guidarlo verso la soluzione più idonea.

La prima fase è davvero importante in quanto ci si deve porre in fase di ascolto attivo senza influenzare e prendendo letteralmente le parole del cliente. Lo stato problematico spesso viene espresso in maniera generica e noi potremmo incorrere nell’errore di prendere “fischi per fiaschi”. Questo inconveniente si può risolvere grazie ad un altro strumento tipico della PNL: Il Metamodello. Si tratta di uno strumento per comprendere la struttura profonda celata dietro le frasi generiche e che permette di comprendere realmente la fonte del suo stato problematico. Su questo argomento torneremo in seguito.


Altri strumenti in possesso ad un “Coach in PNL” sono la “Buona Formazione degli obiettivi” per accertarsi che le mete del cliente sono raggiungibili, il lavoro su Credenze, Valori e Identità e altre tecniche per risolvere conflitti interiori e comportamenti indesiderati: Time Line, Swish, Visual Squash ecc..

Facciamo qualche esempio concreto: supponiamo che un mio cliente gestisca un piccolo team e desidera risolvere problematiche inerenti alla sua conduzione: alcuni non lo ascoltano, altri ancora entrano in aperto contrasto con lui. Il tutto si tramuta in un addossamento di ruoli e azioni sul cliente stesso in quanto non tutti eseguono correttamente le indicazioni. Alla fine non riesce a portare a termine tutti i compiti assegnategli con la conseguente accusa da parte della direzione di essere “incapace nella delega”.

La prima cosa che dovrei valutare è se l’obiettivo è raggiungibile. In PNL la buona formazione degli obiettivi è di grande aiuto in quanto mi informa immediatamente cosa deve essere cambiato nel risultato desiderato e se è raggiungibile. In questo specifico caso potrei scoprire che desidera maggiore coinvolgimento e ascolto da parte del team. Si tratta di un obiettivo che non rientra sotto la sua completa responsabilità (la buona formazione vuole che le mete siano raggiunte e mantenute direttamente dal soggetto stesso e non da altri). Potrei, però, fargli alcune domande:


Coach: “Cosa accadrebbe se ti dessero maggiore attenzione?”

Cliente: “Potrei delegare maggiormente”


Coach: “E cosa hai fatto o potresti fare per ottenere maggiore ascolto?”


L’ultima domanda serve per rimettere sotto il suo controllo il raggiungimento della meta. Infatti, potrebbe rispondermi che avrebbe bisogno di maggiori abilità comunicative e di leadership. Un coach può intervenire mostrandogli come è possibile divenire più flessibile nella comunicazione e quali sono le capacità di un buon capo. Questo ultimo punto potrebbe richiedere un lavoro per potenziare le sue Convinzioni/Valori e Identità (con specifiche tecniche della PNL).

Nell’ambito dell’insegnamento la PNL gioca un ruolo importante perché è possibile personalizzarlo in basi alle sue strategie (VAK) e Metaprogrammi (Filtri/schemi di comportamento inconsci).

Ad esempio, supponiamo che il mio cliente sia Visivo in Elaborazione (stato di apprendimento – stato Alfa). La formazione personalizzata sulla leadership (ad esempio) dovrà essere supportata da slides e grafici che stimolano il sistema rappresentazionale Visivo. Se, invece, è Cenestesico (sempre in elaborazione) dovrei essere molto poco teorico dandogli esercizi pratici da svolgere sul campo.


Se fare coaching si riducesse ad un semplice insegnamento di specifiche abilità, ci troveremmo di fronte solo a semplice docenza “one to one” che nulla ha a che fare con un Coach. Infatti, l’insegnamento è solo uno degli aspetti che lo caratterizza: bisogna andare oltre e aiutare il cliente a comprendere se le sue convinzioni e valori sono in linea con il risultato desiderato ed eventualmente intervenire per “ridisegnare” o questi importanti elementi o l’obiettivo stesso. Supponiamo che il mio cliente dell’esempio di prima sia profondamente convinto che “La gente fa sempre come gli sembra meglio e non mi vede come capo”. A questo punto intervengo con il Metamodello per scomporre la struttura superficiale della frase e capire la struttura profonda che ha generato tale convinzione:


Coach: “La gente chi?”, “ Sempre sempre?”, “Cosa intendi per fa sempre come gli sembra meglio?”, “Non ci è mai stata una volta che non ha fatto come gli sembra meglio”, “Come fai a sapere che non ti vedono come capo?”.


Queste domande specifiche mi aiutano a capire cosa c’è dietro per ottimizzare il mio intervento. Le risposte a queste domande potrebbero fargli rendere conto che, in realtà, lui non può sapere se non lo vedono come capo, ma che si tratta solo di una sua percezione; potrebbe rendersi conto che 7 volte su 10 eseguono le sue direttive e che generalizza e cancella esperienze che vanno a contraddire il modello che si è creato nella sua mente.


Il coach motiva e incoraggia il cliente ad avviare una trasformazione profonda che va al di là di un semplice schema cognitivo e può spingersi ancora oltre lavorando sull’Identità, il livello logico in cima alla gerarchia: individua il potenziale del cliente (risorse già presenti) e lo aiuta ad esprimerlo. Il coach si pone come sponsor in quanto crea il contesto per far crescere il suo cliente. 

PNL, rapport su valori e credenze

Uno dei cardini su cui ruota la Comunicazione Efficace è il principio “Win-Win”: vinco io – vince l’altro. Non è un caso che la parola “convincere” significa “vincere insieme”. Non bisogna confondere la comunicazione empatica con la pressione psicologica: se io minaccio qualcuno per ottenere il consenso, questa è pressione psicologica. Invece, la comunicazione empatica si basa sulla capacità di comprendere l’altro, “mettersi nei suoi panni”, comprendere come ragiona e come percepisce la realtà esterna. Il buon comunicatore è un individuo in grado di decodificare la “Mappa del Mondo” del suo interlocutore per adeguarsi ad essa.

 

Invece, coloro che estorcono il consenso con la prepotenza e/o l’intimidazione vincono temporaneamente causando la sconfitta dell’altro. Mi sembra ovvio che un atteggiamento del genere è autodistruttivo: si creano nemici che nel medio-lungo periodo cercheranno di restituire i torti subiti.

 

In un mio precedente articolo ho affrontato le basi fisiologiche dell’empatia (Empatia e Rispecchiamento). In questa sede voglio approfondire altre modalità attraverso le quali è possibile costruire rapporti costruttivi.

 

Generare Rapport equivale a costruire un ponte che unisce due sponde opposte e che permette a due o più individui di incontrarsi e condividere diverse “Mappe del Mondo”. Quindi, una delle abilità che bisogna sviluppare consiste nel riuscire a comprendere i “pilastri” su cui si basa la visione soggettiva della realtà dei nostri interlocutori. Questi pilastri sono Valori e Credenze, elementi che influenzano profondamente i nostri comportamenti. I valori sono il “carburante motivazionale” che ci spinge ad agire (valori = quello che è importante per noi). Le Convinzioni sono quello in cui crediamo fermamente. Un esempio di valori sono: l’Amicizia, l’Onestà, la Famiglia. Esempi di credenze possono essere rappresentate da frasi di questo genere: “Sono convinto che il benessere sia più importante che accumulare denaro”, “Credo che la libertà sia fondamentale per vivere!”. Frasi del genere esprimono anche valori come il Benessere e la Libertà. Questo accade perché valori e credenze sono elementi profondamente connessi. Questo argomento è stato già affrontato in due miei precedenti articoli anche se riguardavano aspetti che esulavano dalla comunicazione efficace (“Realizzare se stessi con la PNL“).

 

Il rispetto della visione della realtà del nostro interlocutore è alla base della costruzione del rapport e del suo stesso mantenimento all’interno di un contesto comunicativo.

 

Immaginate un ipotetico dialogo tra due persone:

 

A: Il lavoro per me è tutto nella vita!

B: Secondo me perdi tempo e anni preziosi in cui potresti goderti la vita!

 

Sembra palese che A e B non potranno entrare in empatia a causa di un profondo disaccordo sui valori.

 

Se il mio obiettivo è creare empatia, devo condividere la mappa di A con una frase di questo genere: “Il lavoro è un importante elemento insieme ad altri aspetti dell’esistenza”. Questa frase rispetta la mappa dell’altro e in maniera generica fa sottintendere che nella vita anche altri elementi sono altrettanto importanti.

 

Riflette un attimo sul seguente punto: come vi siete sentiti il giorno in cui avete incontrato un individuo che ha sinceramente condiviso le vostre credenze, i vostri valori, la vostra visione della realtà? Sono convinto che avete percepito un livello più profondo nella comunicazione e sentivate di potervi quasi fidare di un individuo così simile a voi.

 

Invece, ora pensate a tutte quelle volte in cui non hanno condiviso o attaccato la vostra Mappa del Mondo (e viceversa). Che genere di sensazioni avete provato in un simile contesto? Sicuramente non avete provato niente di positivo.

 

La Mappa del Mondo è così importante che raramente viene rivelata a persone che non godono della nostra fiducia. Quando conosciamo qualcuno per la prima volta oppure siamo costretti a parlare con uno sconosciuto (ad esempio in coda ad uno sportello postale) di cosa parliamo? Parliamo del tempo, se piove, fa caldo o se è nuvoloso. La Mappa del Mondo viene rivelata solo a persone con cui siamo in empatia. Immaginate di essere in ascensore con uno sconosciuto che invece di dirvi “Finalmente oggi c’è un po’ di sole” afferma “Io credo fermamente nella libertà. E lei?”. Nella migliore delle ipotesi gli risponderete che sono “fatti con non lo riguardano”.

 

Con sconosciuti o con individui con cui non siamo particolarmente in confidenza ci limitiamo a condividere un livello gerarchicamente inferiore (ambiente) e la eventuale non condivisione non comporta nessuno scontro relazionale. Ad esempio, se fuori piove e lo sconosciuto invece afferma che è una bella giornata, ci limitiamo a pensare che ha bisogno di un oculista o di un buon psicologo, ma mai ci sogneremmo di litigare per una cosa simile.

 

Le cose cambiano quando saliamo lungo la gerarchia dei livelli e il nostro interlocutore attacca i nostri valori.

 

La prassi per decodificare la Mappa del Mondo del nostro interlocutore è la seguente:

 

1) praticare il Rispecchiamento (rimando alla lettura del mio precedente articolo) nella fase iniziale della comunicazione per generare empatia

 

2) quando si è stabilita un minimo di empatia, è possibile usare le seguenti domande:

 

a) Cosa è importante per te?

 

b) In cosa credi?

 

c) Cosa ti spinge ogni mattina ad alzarti dal letto?

 

A volte accade che sia il nostro interlocutore a fornirci questi importanti pezzi del puzzle durante la conversazione. Quindi, basterebbe un “ascolto attivo” e un’apertura mentale verso l’altro.

 

La classica domanda che mi viene rivolta nei corsi è la seguente:

 

“Ma se i valori dell’altro sono troppo diversi dai miei, cosa devo fare?”.

 

Si tratta di una domanda molto intelligente perché tocca il centro di ogni individuo e il rispetto verso se stessi. Se ad esempio, chi abbiamo di fronte pone in cima alla sua gerarchia il valore “soldi” e farebbe qualsiasi cosa per ottenerli, mentre noi collochiamo “onestà”, ci risulta difficile creare condivisione in quanto risulterebbe falso.

 

In questi casi dobbiamo chiederci qual è il nostro obiettivo, se è veramente importante creare empatia con l’interlocutore dell’esempio. Se la risposta è positiva, possiamo temporaneamente “adattarci” all’altro ed in seguito ritornare nella nostra posizione iniziale. Anzi, questo è un ottimo sistema per entrare nella mappa dell’altro e guidarlo nella nostra. Questa strategia non significa “spersonalizzarsi” in quanto ci permette di far aprire l’altro, comprendere la sua mappa, creare empatia, creare condivisione ed in seguito portarlo nella nostra visione della realtà. La vostra apertura dovrebbe essere sincera in quanto “giocare ipocritamente” con i valori e le credenze degli altri può rivelarsi un boomerang.

 

Se la visione dell’altro è troppo diversa dalla nostra possiamo limitarci a non attaccarla evitando di generare mismatching.

 

Invece, se creare empatia con l’altro non rientra nei nostri obiettivi, siamo liberi di non condividere la sua mappa.

 

Concludendo, un atteggiamento di apertura sincera verso gli altri (rimanendo comunque sempre se stessi) ci permette di arricchire la nostra visione, di espandere i nostri limiti mentali e di comprendere meglio chi ci circonda superando i convenevoli di una comunicazione superficiale.

 

Litigi, incomprensioni, ostilità e antipatie nascono da molte “mappe strappate”, dal mancato rispetto di valori e credenze di chi ci circonda e dalla voglia di imporre la nostra visione del mondo sugli altri. Atteggiamenti simili sono deleteri e molto utili per creare una insalubre atmosfera di antipatia attorno a noi.

PNL, realizza la tua vita

Cominciamo a renderci conto come la “mappa del mondo” di ogni individuo sia soggettiva e sia erroneo pensare che gli altri abbiano una visione del mondo identica alla nostra. La “visione del mondo” si basa su due elementi principali: Convinzioni e Valori.

Questi sono i pilastri che reggono la nostra esistenza. Le convinzioni o credenze sono “quello in cui noi crediamo”. Ad esempio, se un mio amico afferma: “Credo che la libertà sia importante!” esprime una convinzione estremamente importante; la maggior parte dei suoi comportamenti ruoteranno attorno a questa credenza. I valori sono “quello che è importante per noi”. Un esempio di valori sono: la famiglia, l’onestà, l’amicizia, la libertà, il dovere, ecc. Valori e Convinzioni sono elementi intimamente connessi in quanto se affermo “credo che la libertà sia importante”, esprimo sia una credenza che un valore.

In precedenza abbiamo esaminato come le credenze generate da generalizzazioni e cancellazioni (Francesco cerca sempre di fregarmi) limitano le nostre scelte e le azioni.

Altri esempi di convinzioni limitanti sono le seguenti frasi:

Sono un incapace – Le ho provate tutte, ma… – La vita è crudele – Nella vita sono un fallito.

È palese che simili asserzioni sono dannose e influenzano negativamente l’esistenza.

Esempi di credenze positive sono rappresentati dalle seguenti frasi:

Sono in una persona in gamba – Sono positivo – La vita è piena di possibilità – Riesco in tutto quello che faccio.

Ma come si formano le convinzioni?

Si tratta di esperienze emozionali significative (apprendimento emozionale) che si incidono nel nostro programma mentale. Il nostro comportamento è il frutto della somma di: credenze, valori genitoriali e cultura. Le convinzioni positive nascono da esperienze significative positive, costruttive e assertive. Quelle limitanti si creano da eventi negativi, non valorizzanti, delusioni e fallimenti. Generalmente si parte da un presupposto che grazie ad eventi i linea con esso si trasforma in convinzione. Ad esempio, supponiamo che pensi di non saper giocare a calcio (presupposto). In seguito ci provo e durante la partita non riesco a giocare bene. In quel contesto posso dirmi: “Sono un incapace!” (giudizio di valore) e i miei compagni possono rafforzare questa asserzione con altre frasi negative: “Lascia perdere perché sei un fallito!”. Da questo evento può crearsi una convinzione: “Non ce la farò mai” che rappresenta il cemento di tutti gli elementi del nostro essere.

Come bisogna comportasi davanti ad eventi simili per evitare la maturazione di convinzioni limitanti?

Esperienze di questo tipo devono essere viste come nuove informazioni e trasmissioni di dati. È fondamentale riconoscere il momento come fase di apprendimento per migliorare le proprie azioni future: “Grazie a ciò ora so che…”.

La magica capacità che dovete sviluppare consiste nel ristrutturare gli eventi in modo da bloccare il meccanismo che dal presupposto si trasforma in credenza.

Ad esempio, il presupposto “sono incapace” si trasforma grazie a queste magiche domande:

  1. Cosa devo fare per ottenere quella cosa?

  2. Ho già esperienze simili?

  3. Qual è il nuovo apprendimento positivo ?

  4. Quale soluzione sarebbe preferibile per me?

  5. Quale risorsa ci vorrebbe?

Le riposte vi aiuteranno a focalizzare la vostra attenzione su i punti di forza per migliorare le vostre azioni future.

Quello di cui dovete rendervi conto è che gli elementi negativi che condizionano la vostra esistenza sono puramente soggettivi e che è arrivato il momento di sbarazzarsene in cambio di un’esistenza felice. Riportate su carta tutte le convinzioni limitanti e guardate quanti paletti vi siete e vi hanno messo. Quando la gente emette giudizi di valore negativi su di voi (sei un buono a nulla, sei un fallito ecc.) immaginate queste frasi scritte su una lavagna e cancellatele mentre mentalmente vi dite: elimina, elimina, elimina. E questo stesso procedimento va applicato anche quando siete voi stessi ad asserire simili frasi. Uno dei meccanismi su cui si basa la creazione di schemi mentali statici si basa sulla ripetizione: più volte vi ripetete (o vi ripetono) una frase, più questa si fa spazio nella vostra mente. Quando pensate a qualcosa, le cellule del vostro cervello (i neuroni) si scambiano informazioni disponendosi in una particolare configurazione. Quando smettete di pensarci, lo schema neurale si scioglie. Però, se ogni giorno pensate alla stessa cosa costringendo le cellule a formare sempre la stessa configurazione, alla fine di creano dei ponti fissi e lo schema non si scioglie più. Ecco come si creano i comportamenti automatici o anche le convinzioni. Per farvi un esempio concreto pensate alla prima volta che avete indossato una cintura di sicurezza: avevate la tendenza a dimenticarvene: i neuroni si configuravano momentaneamente per poi sciogliere la formazione in mancanza del pensiero. In seguito, dopo numerose volte che lo avete fatto, è diventato un meccanismo automatico: si è creato uno schema di pensiero statico. Oppure pensate a quante cose fate quando guidate l’auto: schiacciate la frizione, cambiate marcia, accelerate, parlate con un vostro amico, seguite la strada giusta…e tutto questo senza pensarci. La prima volta che siete saliti in auto tutto questo era difficile. Ora ci riuscite perché avete creato delle configurazioni statiche che rendono automatici i comportamenti.

Cominciate a rendervi conto di quanto sia importante prestare attenzione a quello che pensate?

I ricercatori hanno appurato che il numero di volte che occorre per rendere fisso uno schema è ventuno. Ad esempio, se ogni giorno per tre settimane, vi alzate alle sei di mattina e andate a fare footing, creerete una compulsione a fare quel tipo di azione. I primi giorni sarete svogliati ma se avrete forza di volontà per tre settimane, renderete automatico il comportamento.

Questo meccanismo si estende anche ai filmini mentali che appena svegli formuliamo in merito all’andamento della giornata. Se creeremo nella nostra mente delle immagini negative (il capo che ci sgrida, il partner che ci critica) in maniera costante e ripetitiva, non dovremo meravigliarci se realizzeremo quel tipo di realtà. Inoltre, appena svegli, siamo in una fase estremamente ricettiva in cui la nostra mente è facilmente suggestionabile (stato alfa). Quando vi rendete conto che è in atto un simile meccanismo, bloccate i film mentali e proiettate altri positivi e diametralmente opposti in modo da creare schemi di pensiero positivi.

Ma come mai semplici pensieri possono influenzare la realtà esterna?

Quando ci convinciamo che la realtà è fatta in un certo modo, mettiamo in atto in serie di comportamenti inconsci che ci portano nella direzione attesa (anche se negativa). Ad esempio, se siamo convinti che il nostro capo ci sgriderà, metteremo in atto una serie di comportamenti (inconsapevoli) che lo faranno infuriare. Ricordate che una cosa è quello che vuole la parte razionale, un’altra è quella che desidera l’inconscio. Se quest’ultimo lo avete condizionato negativamente, lui farà di tutto per accontentarvi. La parte emotiva non giudica…si limita a fare quello che gli dite.

Stiamo cominciando a scrivere “il libretto di istruzioni” della vostra mente e a definirne le regole che vi permetteranno di migliorare la vostra esistenza.

Cerchiamo di riepilogarle aggiungendone altre.

  1. La regola fondamentale che emerge da quanto appena esposto consiste nel ripetere più volte un pensiero e/o un comportamento per renderlo automatico.

  2. Un’altra importante regola consiste nel prestare attenzione a quello che diciamo: da ora in poi niente frasi svalorizzanti nei vostri confronti e verso gli altri. Non è saggio programmare negativamente chi ci circonda. Da questo momento ditevi cose positive: sono capace, riesco in quello che faccio, sono positivo.

  3. Alla regola appena esposta bisogna aggiungerne un’altra: esprimere le frasi in positivo. L’inconscio non computa in negativo (no – non); ad esempio, se vi dico “non pensate ad un aereo”, la prima cosa che la vostra mente farà sarà quello di pensarci anche se io vi ho detto il contrario. Per questo motivo frasi come “non voglio essere infelice”, “non voglio soffrire”, si commutano in “sono felice”, “io gioisco”. Questa regola è fondamentale se desiderate inserire schemi di pensiero positivi e costruttivi. Se la violate rischiate di ottenere l’effetto opposto.

  4. Le frasi devono essere espresse al presente. Asserzioni espresse con verbi futuri non sono particolarmente incisive in quanto la parte profonda è sensibile al presente. “Io sarò felice” deve essere commutato in “io sono felice”. L’inconscio deve sentire la realtà desiderata nel presente.

  5. Il momento più adatto per darsi degli ordini positivi (ed eventualmente bloccare film mentali negativi) è al mattino appena svegli. Potete aiutarvi scrivendo una frase che sintetizza quello che volete realizzare e attaccare il foglio in un punto della camera visibile. Potete leggerla ed immaginare voi stessi che concretizzate quanto desiderato. Durante il giorno, anche se non siete in stato alfa, potete sempre applicare queste tecniche ma sono meno efficaci. Se al mattino avete difficoltà nell’utilizzarle, potete scegliere un momento della giornata in cui siete tranquilli, sedervi comodamente e rilassarvi.

Alcuni individui non accettano che il conducente del tram sia l’inconscio e non la parte razionale, soprattutto chi focalizza e sbilancia tutta l’esistenza sulla razionalità. Persone dotate di sensibilità ed intuito sono invece consapevoli di come l’emotività abbia un peso notevole nella vita.

PNL e eccellenza personale

Gli individui che tendono a raggiungere le mete con successo in modo ecologico e permanente hanno una particolare attitudine mentale. Non si tratta solo di “tecniche” ma anche di un particolare approccio verso la vita e il prossimo. In questo articolo ho riportato alcune caratteristiche presenti in queste persone.

  • Direzione
    È fondamentale avere sempre degli obiettivi e una direzione verso cui andare. L’errore commesso da alcuni è essere volti al passato; invece, è importante essere protesi verso il futuro con mete ben definite. Quando non si hanno degli obiettivi da perseguire tendiamo a disperdere le nostre energie rischiando di smettere di “lottare” per qualcosa. Quando abbiamo una direzione ben definita le nostre energie sono indirizzate verso l’obiettivo. Naturalmente, è importante adottare un approccio flessibile: cogliere il feedback di quello che non funziona migliorando le azioni future.

  • Decisione
    Nella vita è importante avere forza e capacità decisionale dato che nulla è certo. Non agire e rimanere fermi comporta l’unico risultato di renderci frustrati. Le situazioni che affrontiamo vanno analizzate per mettere in atto strategie per risolverle. Aspettare che vi sia la certezza matematica per prendere la giusta decisione può rivelarsi controproducente in quanto rischiamo di non agire. Ogni azione può portare ad errori e le decisioni potrebbero rivelarsi errate. Ma gli errori sono il feedback necessario per migliorare le azioni future. Grazie ad un atteggiamento flessibile è possibile modificare le proprie azioni fino al raggiungimento dei propri obiettivi. Bisogna rischiare e, in qualche modo, calcolare i rischi collegati alle varie decisioni. In seguito, agite prendendo quella che comporta maggiori vantaggi e minori svantaggi. Dovete essere pronti a commettere qualche errore dato che, se non agite, non sapete fino a che punto potete spingervi grazie alle vostre capacità. Inoltre, solo agendo potete comprendere realmente quali sono le risorse che avete a disposizione e quali dovete acquisire per raggiungere gli obiettivi.

  • Empatia
    Nelle relazioni è importante stabilire rapporti empatici con gli altri. Ad esempio, nelle aziende risultano essere più avvantaggiati coloro che hanno ottimi rapporti con i colleghi in quanto, nei momenti difficili, tendono a ricevere il sostegno del gruppo. In altre parole, accedono alle risorse del gruppo. Invece, coloro che non stabiliscono relazioni empatiche sono costretti a risolvere le situazioni solo con i loro mezzi. Questo potrebbe comportate un allungamento dei tempi per risolvere la situazione. L’empatia permette di stabilire relazioni basate sulla fiducia e di “mettersi nei panni” degli altri. Uno dei comportamenti che facilità rapporti costruttivi consiste nell’astenersi dal giudicare gli altri e di sforzarsi di comprendere il punto di vista altrui (se non addirittura condividerlo). Comprendere la “mappa del mondo” dei nostri interlocutori senza pregiudizi è una delle chiavi che permette la “costruzione di un ponte” tra due sponde opposte; questo genere di comportamento non significa “spersonalizzarsi” ma adattarsi momentaneamente agli altri per creare un “terreno comune”. Giudicare senza accettare, invece, è una delle chiavi per creare attorno a noi un’atmosfera di disarmonia.

  • Amore
    Un’altra caratteristica è il sincero interesse per il benessere degli altri. Quando proponiamo qualcosa o vogliamo spingere gli altri a compiere determinate azioni, dobbiamo sempre prendere in considerazione anche i vantaggi che loro riceveranno. In qualsiasi tipo di negazione se le parti ricevono reciproci vantaggi, tende a crearsi fiducia dato che convincere significa “vincere insieme”. Invece, se volete sopraffare il prossimo o semplicemente attestare la vostra superiorità facendo sentire gli altri dei perdenti, non stabilite empatia ma solo relazioni che nel lungo periodo potrebbero ritorcersi contro di voi. Anche se in un determinato contesto avete mansioni di leader e gli altri devono “obbedirvi”, non otterrete il rispetto imponendovi con la forza. Un buon leader è colui che usa il peso dei suoi poteri solo quando è necessario ed rivolto al benessere del gruppo in cui opera. Usare prevalentemente metodi prevaricativi serve solo ad accrescere l’odio nei vostri confronti, sentimento che potrebbe rivelarsi devastante quando il vostro potere potrebbe venir meno. Infatti, spesso il gruppo sceglie dei leader naturali; questi individui sono scelti in base a due caratteristiche salienti:
    a. sono decisi
    b. sono interessati al benessere del gruppo in cui operano
    In questo modo conquistano la fiducia della gente e, di conseguenza, creano empatia.
    A prescindere dai contesti aziendali, un approccio ecologico verso gli altri vi aiuterà a creare una rete sinergica di relazioni estremamente efficace.

Analizziamo ora i meccanismi che ci allontanano dal successo:

  • Disperarsi
    Cosa accade quando un nostro grande obiettivo diventa irrealizzabile?

Possiamo ritrovarci bloccati in un’emozione negativa che potrebbe allontanarci dalle nostre mete. In questo caso un desiderio si trasforma in un limite che potrebbe separarci dal successo. A volte può accadere che la voglia di “perfezione” ci renda frustrati quando non riusciamo ad ottenere esattamente quello che vogliamo. Quello che dobbiamo apprendere è che non sempre le nostre azioni portano i risultati sperati. I fallimenti devono essere considerati come lezioni che ci permetteranno di migliorare le azioni future. In altre parole, grazie alla flessibilità, potremo comprendere quello che funziona e mutare tutti quegli elementi che si sono rivelati dannosi o inutili. Bisogna divenire “pratici” ed imparare ad agire immediatamente senza mai rimandare a domani quello che possiamo fare oggi. In un precedente articolo ho evidenziato come “farsi films mentali negativi” potrebbe portarci a compiere comportamenti negativi. Quindi, immagini ed emozioni di frustrazione e disperazione possono creare un circolo vizioso. Accettare le delusioni come lezioni per migliorare le azioni future è fondamentale per mettere in atto comportamenti costruttivi.

  • Insicurezza
    Il dubbio è legittimo. Infatti, quando non siamo sicuri dobbiamo analizzare tutti gli aspetti. Ma se questa fase di analisi si protrae per troppo tempo può rivelarsi dannosa e controproducente.
    Quando siamo assaliti da dubbi o paure è giusto soffermarsi un attimo ed analizzarli prima di agire in modo da avere sempre presenti tutti gli aspetti di una situazione. Prima di agire io consiglio di fare una lista di possibili vantaggi e svantaggi che l’azione comporta. Dopo aver redatto la lista, è importante fare un analisi dei costi e dei benefici: solo in questo modo potete sapere se è conveniente agire. Ma in seguito bisogna decidere con risolutezza.


  • Rimpianto
    È importante non avere mai rimpianti. Immaginate di non agire per i vostri sogni, di restare bloccati nella paure e nelle incertezze. Immaginatevi a 80 anni e di guardare indietro nel tempo: quanti rimpianti avrete? Immaginate che questo sia il vostro ultimo giorno sulla Terra: cosa fareste? Quali sogni vorreste concretizzare? Se riuscite a rispondere a questa domanda sapete come rendervi felici e non avere rimpianti. La nostra società ci impone una serie di doveri, ma questo non esclude il fatto che lentamente potete cominciare a costruire il vostro sogno, coltivarlo e crederci mentre continuate a fare la vita di tutti i giorni. Non vi chiedo di mollare tutto e concentrarvi solo su quello che desiderate (sarebbe irresponsabile), ma di ritagliare uno spazio giornaliero per le vostre ambizioni. Se vi lasciate inglobare da sistema, dalla quotidianità, dai problemi, un giorno vi guarderete indietro e sarete pieni di rimpianti.


  • Indirizzare male le energie
    Alcuni comportamenti come l’aggressività, non sono negativi di per sé ma possono rivelarsi dannosi se indirizzati male. Quando è necessario, adottare un atteggiamento aggressivo può rivelarsi una soluzione vincente. Viviamo in una società in cui essere troppo passivi può portare ad essere sopraffatti. Durante sport agonistici, la squadra che adotta un atteggiamento aggressivo (anche se in svantaggio) tende ad intimorire l’altra: questo può portare alla vittoria.
    Chiaramente, essere aggressivi a sproposito, in tutte le situazioni e con individui che non ricorrono a questa strategia, è controproducente: sarete etichettati come intolleranti e il vostro atteggiamento sarà percepito come un segnale di debolezza e insicurezza.


  • Mancanza di Fede
    Per fede non mi riferisco a quella religiosa ma alla fiducia nelle proprie capacità, alla convinzione positiva che dovete costruire dentro di voi: prima o poi riuscirete nei vostri intenti. Arrendersi alle prime difficoltà costituisce un forte segnale di allarme di mancanza di fede in voi stessi e nella meta che volete raggiungere. I grandi personaggi che hanno lasciato il proprio nome nella storia avevano sempre in mente l’obiettivo da raggiungere, sapevano bene dove volevano arrivare; le sconfitte e i fallimenti li spronavano a migliorare le loro azioni perché erano fortemente convinti di raggiungere le loro mete. Questo differenzia le persone di successo da quello che hanno difficoltà ad emergere. Thomas Edison ha fallito 5.000 volte prima di realizzare la lampadina elettrica. Un giorno un giornalista gli chiese: “Mister Edison, perché insiste nel voler inventare la lampadina elettrica? Tutti sanno che è impossibile e ha già fallito 5.000 volte!”.
    Edison lo guardò e gli rispose: “Ragazzo, non ho fallito 5.000 volte, ho solo trovato 5.000 modi in cui la lampadina non funziona e prima o poi troverò quello giusto!”.